giovedì 10 maggio 2018

Duncan Edwards, il più grande


"I migliori biografi sono gli inglesi e gli americani". Ne parlavo giustappunto qualche giorno fa col mio amico Barge, con cui scambio sempre volentieri quattro chiacchiere, specie se si tratta del Carnevaldarsena o di libri di sport. In particolare, lui va matto per quelli editi dalla 66thand2nd. E oggi voglio parlarvi proprio di una biografia scritta da un inglese - meglio, da un gallese - e pubblicata proprio dalla casa editrice romana. Il libro, che ho divorato in pochi giorni, s'intitola "Duncan Edwards, il più grande" ed è uscito lo scorso 26 aprile. Quella che leggete di seguito è la mia recensione - la prima, oltretutto, ad apparire sul mio blog...

Pelé. Maradona. Cruijff. Di Stéfano. Se ci venisse sottoposta l'annosa domanda su chi sia stato il più forte calciatore di ogni epoca, i nomi da snocciolare risulterebbero sempre gli stessi - magari i ragazzi nati nel nuovo millennio, per ovvie ragioni anagrafiche, ribatterebbero 'Messi' o 'Ronaldo' (quello portoghese). A nessuno verrebbe di sicuro in mente di uscirsene con un "Duncan Edwards", figura pressoché sconosciuta in Italia se non ai nerd del pallone ma entrata nel mito al di là della Manica.

Quando lo scrittore gallese James Leighton lo sentì dire dal proprio padrino stentava a crederci. Però se lo definisce "l'unico giocatore che mi abbia fatto sentire inferiore" un certo Bobby Charlton, che in carriera ne ha affrontati di campioni, non può essere uno scherzo o una provocazione. E giunti all'ultima pagina del bel libro "Duncan Edwards, il più grande" finiamo effettivamente per rifletterci su. O, quantomeno, non ci sentiamo di scartare a priori il suo nome dall'ormai arcinota lista.

Edwards, per quanti ancora non lo sapessero, è stato effettivamente un calciatore fuori dal comune: nato come mediano, fu impiegato svariate volte come centravanti con notevole profitto - una volta finì pure in porta - e diventò il più giovane calciatore a indossare la maglia della nazionale inglese nel dopoguerra. Una carriera stroncata a poco più di 21 anni dal disastro aereo di Monaco di Baviera - che sta all'Inghilterra come la tragedia di Superga sta all'Italia - in cui perirono svariati giocatori del Manchester United, inclusa una bella nidiata dei favolosi Busby Babes. Edwards morirà un paio di settimane dopo l'incidente, perdendo una partita durissima.

La biografia confezionata da Leighton piace perché è lineare, scorrevole e (parlo a titolo personale) per niente romanzata. Certo, è ambientata negli anni Quaranta e Cinquanta e l'autore avrà anche dovuto lavorare d'immaginazione. Ma ci racconta la vita di Edwards - e ci restituisce uno spaccato dei forti cambiamenti sociali di quel periodo storico - dopo aver fatto qualche chiacchiera con chi l'ha conosciuto e dopo aver sfogliato le cronache dei giornali dell'epoca. E libri, tanti libri - se è vero che un libro non si giudica dalla copertina mi riservo di farlo esaminandone scrupolosamente la bibliografia... Volendo citare la non meno godibile prefazione di Wu Ming 4, Leighton ha "interrogato le fonti scritte".

Sempre Wu Ming ci anticipa che Leighton vuole "scremare la leggenda di Edwards e dei Busby Babes dall'aura di santità dovuta alla loro tragica fine". E in effetti l'autore ci conduce nella narrazione cercando di mantenersi il più possibile equidistante, senza trasformare la biografia in agiografia come ahimè spesso accade con gli sportivi italiani. Non mancano delle stilettate - anche condivisibili - sulle brutture del vituperato 'calcio moderno', ma non per questo Leighton cade nel tranello della nostalgia che oggigiorno va tanto di moda.

La parte meno convincente è forse il prologo ucronico con l'immagine di Edwards che, capitano della nazionale inglese, festeggia con i compagni la conquista della Coppa del Mondo del 1966. Tesi indubbiamente affascinante e verosimile, ma un romanzo è altro par di maniche da una una biografia che ha l'ambizione - e Leighton riesce nell'intento - di essere il più possibile fedele e aderente alla realtà. Piacevole invece la minuziosa descrizione della quotidianità nella città industriale di Dudley, che ha dato i natali a Edwards: mi ha ricordato quella di Cronin in "Le stelle stanno a guardare".

E quindi aveva ragione il Barge: i migliori biografi sono gli inglesi (pardon, britannici) e gli americani. E menomale, aggiungo io, che c'è chi pensa a tradurli per quanti non possono godersi il testo originale...

Titolo: "Duncan Edwards, il più grande"
Autore: James Leighton
Pagine: 304
Editore: 66thand2nd
Prezzo: 20 euro

Nessun commento:

Posta un commento