Panathinaikos contro Olympiacos. Un’accesa rivalità spacca la Grecia in due tronconi: l’atleta olimpionico con la corona d’alloro da una parte e il trifoglio dall’altra, gli eroi dei portuali del Pireo opposti ai beniamini della borghesia ateniese. In patria la chiamano Μητέρα των μαχών, la “madre delle battaglie”, all’estero è ritenuto uno dei derby più incandescenti d’Europa. Una sfida ricca di pathos e di storia che trova forse la sua massima espressione nella pallacanestro, capace di far palpitare più volte i tifosi delle due squadre sulla scena internazionale.
E stasera, alle 20 ora italiana, Panathinaikos e Olympiacos si contenderanno di fatto il primo posto in regular season: salvo sporadiche eccezioni, il massimo campionato greco è quasi sempre stato un affare tra biancoverdi e biancorossi.
Ma gli “eterni rivali”, altro appellativo con cui in Grecia indicano le due squadre più titolate dell’intero Paese, non hanno goduto fin da subito di cotanta supremazia incontrastata.
La sezione cestistica del Panathinaikos vede la luce dopo la partecipazione del suo fondatore Giorgos Kalafatis ai Giochi Interalleati del 1919 a Parigi, dove assiste ad alcuni incontri di basket: una volta rientrato ad Atene introduce la Καλαθοσφαίριση tra le sezioni della polisportiva Panellinios Podosferikos Omilos che proprio da quell’anno ha adottato il verde e il bianco quali colori sociali e il trifoglio come simbolo. A distanza di oltre un decennio, nel 1931, alcuni pallavolisti dell’Olympiacos decidono di dar vita alla squadra di basket che inizialmente annovera parecchi studenti del liceo Ionidios, la scuola superiore più antica del Pireo. Eppure, entrambe devono attendere la fine della Seconda guerra mondiale per festeggiare finalmente la conquista del titolo nazionale - il Panathinaikos nel 1946, l’Olympiacos nel 1949.
Per tutti gli anni Settanta e fino alla prima metà degli anni Ottanta il quintetto biancoverde si trasforma in una macchina da canestri che non s’inceppa mai: in quattordici stagioni trionfano ben dieci volte, abdicando in un paio d’occasioni in favore dei nemici di sempre. Che, invece, falliscono a creare un ciclo vincente fino al 1993, quando danno il via a un filotto di cinque scudetti. Il primo è un successo incredibile in tutti i sensi: sotto per 2-1 nella serie della finale playoff, il Panathinaikos insorge platealmente contro l’arbitraggio della terza gara fino a compiere un gesto estremo e clamoroso - non presentarsi alla sfida successiva. L’Olympiacos, vincendo a tavolino, si laurea così campione di Grecia. Da quell’anno s’instaura il duopolio delle due rivali, interrotto soltanto una volta dall’Aek Atene.
Entrambe cominciano poi a spadroneggiare anche nelle coppe continentali: il Panathinaikos conquista l’agognata Eurolega nel 1996 sconfiggendo nella gara decisiva il Barcellona che l’anno seguente si arrende ancora sul più bello al cospetto dei biancorossi del Pireo, a loro volta giustizieri del quintetto ateniese.
La bellezza e il prestigio di Panathinaikos-Olympiacos non si riduce, comunque, a un freddo elenco di numeri e statistiche: a scrivere le pagine più belle sono stati soprattutto i campioni, greci e stranieri, che hanno indossato le rispettive casacche. Alcuni, come Lazaros Papadopoulos, Dimitris Papanikolaou e Stratos Perperoglou o il due volte argento olimpico Dino Rađa, hanno persino vissuto il derby su ambo le sponde. E poi ci sono i curiosi casi di Fedon Matthaiou e Panagiotis Giannakis, accaparratisi titoli su titoli con il Panathinaikos prima di sedersi sulla panchina dell’Olympiacos.
Ma non c’è solo lo spirito apollineo delle schiacciate a canestro e delle prodezze dalla linea dei tre punti: soprattutto nell’ultimo decennio è emerso l’impulso dionisiaco delle focose tifoserie, spesso inclini a causare incidenti. I primi si registrano nell’annata 2001-02, la sola da un quarto di secolo a oggi in cui né l’una né l’altra hanno vinto lo scudetto: una delle due sfide di stagione regolare viene interrotta a due minuti dal termine del terzo quarto, sul 62-52 in favore del Panathinaikos, per intemperanze da parte dei tifosi biancorossi.
Nel 2010, durante gara-quattro della finale playoff, sono ancora i sostenitori dell’Olympiakos a macchiarsi di atti di violenza: lanciando oggetti e petardi sulla panchina della squadra rivale fanno sospendere per oltre un’ora l’incontro, peraltro iniziato in mostruoso ritardo a causa di scontri fuori dall’impianto di gioco, fino a che non viene definitivamente abbandonato. Lo scudetto viene così assegnato a tavolino dato che il Panathinaikos, costretto peraltro a giocare a porte chiuse le sfide interne, era in vantaggio nella serie per 2-1.
Due anni dopo ci scappa pure la sassaiola: l’autobus del Panathinaikos si sta avvicinando al palazzetto “della Pace e della Fratellanza” (sic!) del Pireo quando, improvvisamente, viene colpito da una raffica di pietre che scheggiano i vetri e feriscono un paio di giocatori. D’intesa con la polizia e con il segretario generale dello sport Panagiotis Bitsaxis, la federazione greca di pallacanestro (Esake) fa rinviare l’incontro e slittare l’inizio della finale playoff. A vincere è l’Olympiacos, reduce oltretutto dal memorabile trionfo all’ultimo secondo contro il Cska Mosca in Eurolega, che pone fine all’egemonia rivale dopo ben nove titoli consecutivi.
Passano dodici mesi e si torna ad altre scene già viste: al Pireo, con il Panathinaikos in vantaggio per 76-72, manca poco meno di un minuto e mezzo alla fine quando piovono fumogeni e petardi sul campo di gara. Gli arbitri interrompono il gioco e ordinano l’evacuazione dell’impianto, ma i facinorosi tifosi locali si rifiutano di rispondere all’appello della società. Risultato: sconfitta a tavolino e scudetto ai biancoverdi.
L’ultimo caso eclatante risale al 2 maggio 2015, quando il pubblico dell’Oaka risponde nel peggiore dei modi a un’esultanza di Vassilis Spanoulis: dopo aver indovinato una tripla la guardia tiratrice dell’Olympiacos porta provocatoriamente le mani alle orecchie. I suoi ex tifosi prima lo bersagliano di fischi e poi di oggetti, costringendo l’intera panchina ospite a scappare verso gli spogliatoi con un minuto e mezzo ancora da giocare: la gara, comunque, riprende e finisce regolarmente.
Il presidente biancoverde Dimitris Giannakopoulos invoca addirittura la mano pesante del premier Alexis Tsipras, chiedendo una squalifica per Spanoulis “che voleva solo provocare”.
Lo stesso cestista dalla barba incolta e dal cranio calvo sarà tra gli attori più attesi della sfida di stasera. Che non sarà paragonabile un Cavaliers-Warriors, per quanto il livello tecnico sia comunque elevato, ma che ha un fascino senza eguali.
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