domenica 12 settembre 2010

Calcio e poesia: "Tredicesima partita"


Dopo "Squadra paesana" e "Tre momenti", oggi è la volta di "Tredicesima partita", terzo capitolo delle "Cinque poesie sul gioco del calcio" che Umberto Saba ha dedicato al pallone ed alla Triestina.

Questo componimento nasce da un aneddoto: a leggerlo oggi vien quasi naturale sorridere, circondato com'è da un alone di romanticismo e di nostalgia. Pare, infatti, che Saba andò a Padova ad assistere ad una partita di calcio assieme alla figlia: i tifosi euganei capiscono che i due, pur non parlando il dialetto locale, stanno facendo il tifo per la squadra veneta.

E così, in segno di riconoscimento, regalano un mazzetto di fiori alla figlia di Saba: lo stesso poeta, quasi a volersi sdebitare, avrebbe dunque dedicato questa terza poesia proprio a loro.

Saba narra di una partita che si sta giocando all'imbrunire e questa immagine non ha fatto che riportarmi alla mente i tempi in cui, da bambino, andavo a giocare a pallone con i compagni di scuola tra gli alberi della pineta, ai campetti al "pattinaggio" oppure sulla strada asfaltata, con sfide infinite che si protraevano sino a quando "non faceva buio".

In seconda battuta, è poi presente un forte sentimento di condivisione che unisce tutti gli spettatori ("Piaceva essere così pochi intirizziti uniti"), al quale Saba pone particolare enfasi isolando non a caso la parola "uniti", posta, anche qui non a caso, alla tredicesima riga.


TREDICESIMA PARTITA


Sui gradini un manipolo sparuto
si riscaldava di sé stesso.
E quando
- smisurata raggiera - il sole spense
dietro una casa il suo barbaglio, il campo
schiarì il presentimento della notte.
Correvano su e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d'una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.
Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l'ultima gara.

(da "Il canzoniere" - vol. III, "Parole" 1933-34)

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