domenica 27 febbraio 2011

Il Nagoya sfida l'Italia


«Sonae areba urei nashi»: Se sei preparato bene, non c'è niente da temere. La saggezza di questo proverbio giapponese trova perfetta applicazione in materia calcistica nella squadra Under 18 del Nagoya Grampus, unica straniera rimasta in corsa alla "Viareggio Cup".

E proprio su queste basi, una mirata preparazione atletica ed una perfetta organizzazione tattica, i nipponici hanno costruito il loro miracolo: nel girone 9 dovevano confrontarsi con la scuola europea - e che scuola: il blasonato Milan, l'emergente Sassuolo ed i norvegesi, tutti da scoprire, dello Stabæk - ma, alla resa dei conti, l'allievo ha superato il maestro.


Era dal 1995 che una squadra giapponese non si presentava al Torneo di Viareggio: l'ultima volta era toccato allo Yomiuri Verdy Kawasaki, che nelle edizioni precedenti aveva annoverato tra i propri giocatori un giovane e sconosciuto Márcio Amoroso.

Sedici anni dopo il Sol Levante splende nuovamente su Viareggio con la presenza del Nagoya Grampus: annunciata semplicemente come squadra "della Serie A nipponica", la Under 18 dei vincitori dell'ultima J.League si rivelerà l'autentica sorpresa di questo torneo.

Al debutto è subito sfida di grande fascino contro il Milan allenato da Giovanni Stroppa e, a priori, non sembrerebbe esserci sfida: troppo più forti, sia tecnicamente che fisicamente, i rossoneri.

Eppure devono accontentarsi di un solo punto, perché l'incontro di Viareggio finisce a reti bianche. Certo, ai giovani calciatori dagli occhi a mandorla giunge un aiuto dalla Dea Bendata, con il Milan che fa vibrare un palo ed una traversa, eppure la squadra brilla per la difesa attenta, la rapidità e la condizione atletica e lotta con gran determinazione.

L'unica lacuna, per stessa ammissione dell'allenatore Tetsuya Takata, è la fase offensiva: troppo gracili gli attaccanti per pretendere di impensierire i portieri avversari.

Ma, quello che dovrebbe essere il tallone d'Achille, diventa il punto di forza nella sfida contro lo Stabæk, al quale i nipponici rifilano la bellezza di quattro reti: dopo aver rotto gli equilibri dopo soli tre giri di lancette, ecco che arrivano il pareggio scandinavo ed il nuovo, fortunoso vantaggio causato da un'autorete.

Nella ripresa, invece, il Nagoya esce allo scoperto e in dieci minuti trova la via del gol in un paio di circostanze, alimentando così il sogno della qualificazione: nell'ultima giornata, contro il Sassuolo, potrebbe bastare anche un pareggio se il Milan non vince con una goleada di proporzioni bibliche. E così è.

Anzi: i rossoneri fanno harakiri con i norvegesi ed ai piccoli samurai di Takata l'1-1 di Agliana con il Sassuolo dà tutte le certezze di cui avevano bisogno. Per il Giappone è la prima, storica qualificazione agli ottavi dopo che Tōkyō e Yomiuri Verdy non avevano ottenuto neppure una vittoria.

Fatto comune a molte squadre rivelazione, nel gruppo di Takata non c'è una primadonna che emerge su tutti. Anzi, la forza del Nagoya è proprio la squadra omogenea ed equilibrata, tanto più che tutti i tre portieri impiegati - Ishii contro il Milan, Ito contro lo Stabæk e Fuchigami contro il Sassuolo - se la sono cavata più che dignitosamente.

Il reparto forte è la difesa, capeggiata con grande carisma dal più giovane della comitiva, il centrale Nikki Havenaar: 16 anni appena compiuti, è andato a segno nella bella vittoria ai danni dei norvegesi. Havenaar è solamente l'ultimo esponente di una famiglia cresciuta a pane e calcio: suo padre Dido, olandese, si trasferì ad Hiroshima nel 1986 per giocare nella vecchia Japan Soccer League, mentre suo fratello maggiore Mike ha conquistato un anno fa la promozione in J.League 1 con il Ventforet Kōfu, vincendo pure la classifica cannonieri.

Nei primi due incontri, poi, Takata ha schierato a protezione della linea difensiva il regista di centrocampo Masayuki Okuyama, fisico da soldatino con piedi di velluto. Contro il Milan l'attacco aveva lasciato a desiderare, con i giapponesi incapaci di imbastire un'azione da gol degna di tale nome: il Nagoya si è sbloccato nei successivi incontri, forse perché nel frattempo si era scrollato di dosso l'emozione dell'esordio, realizzando cinque reti in 180 minuti.

Cinque marcature che portano altrettante diverse firme: anche questo, evidentemente, è un segnale di forza ed equilibrio. Singolare, poi, che non sia andato a segno il centravanti Tomoki Adachi, classe 1993: contro il Milan ha fatto reparto da solo, supportato più dalla sua prestanza fisica, inconsueta per un giapponese, che dai compagni di squadra.

E adesso il Nagoya sarà l'unica a tenere alta la bandiera della legione straniera alla "Viareggio Cup": martedì sarà sfida da dentro o fuori contro l'Atalanta che ha dominato il proprio girone eliminatorio. Ma, proprio perché non c'è un match di ritorno, tutto può succedere in novanta minuti.

Per il Nagoya sarebbe il modo migliore per iniziare l'anno nuovo, dopo che la prima squadra non solo ha vinto campionato e Supercoppa ma è anche riuscita a piazzare un suo giocatore in cima alla classifica cannonieri (l'attaccante australiano Joshua Kennedy) ed al premio per l'MVP della passata stagione (il portiere Seigo Narazaki, numero uno pure della nazionale guidata da Alberto Zaccheroni).

Sognare di vincere la "Viareggio Cup" è forse fin troppo ottimistico. Ma "se sei preparato bene, non c'è nulla da temere". Nemmeno al cospetto di una potenza del calcio giovanile italiano.

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