lunedì 12 marzo 2012

Il cigno bianconero - 1



"La palla che lanciai giocando nel parco  
non è ancora scesa al suolo." (Dylan Thomas)

Ad una rapida occhiata, il nome di Swansea, città costiera del Galles meridionale, potrebbe essere tradotto come "il mare di cigni". Non è così, in realtà: come suggerisce la versione gallese - Abertawe -, il suo reale significato è "la foce del Tawe".

Eppure, per quanto errata sia, quella del cigno rimane un'ipotesi suggestiva, affascinante: lo Swansea City, la squadra di calcio locale, ha adottato proprio l'uccello simbolo di eleganza e dolcezza come emblema da ricamare sulle proprie maglie da gioco.

La recente parabola dell'undici gallese, poi, sembrerebbe ricalcare la favola del brutto anatroccolo che, crescendo, diventa un maestoso cigno. Dalle paludi della Football League alle chiare, fresche e dolci acque della Premier League, dalle poco nobili sfide contro avversari per nulla attraenti alle partite da tutto esaurito contro Arsenal, Chelsea, Manchester City e Manchester United: ne ha fatta di strada lo Swansea, prima squadra gallese di sempre a prendere parte alla Premier League.

Succede poi che i cigni bianconeri, per la gioia dei loro sostenitori ma anche di quegli sportivi romantici che ancora credono nell'imprevedibilità del pallone, finiscono per lottare ad armi pari contro gli squadroni della capitale e delle grandi città del Nord.

Può perdere, lo Swansea, ma uscire a testa alta. Può pareggiare e considerare il risultato finale come due punti persi. Può anche vincere e, forse, segnare i destini del ventesimo campionato targato Premier League, proprio come è successo domenica scorsa con la clamorosa vittoria contro il Manchester City allenato da Roberto Mancini: decisivo è stato il colpo di testa di Luke Moore che, a sette minuti dal termine, ha indirizzato il pallone alle spalle di Joe Hart, numero uno della nazionale inglese.

La squadra vede la luce con il nome di Swansea Town nel 1912, in una regione dove il rugby è lo sport più praticato. Tuttavia, agli inizi del ventesimo secolo, non è così insolito trovare alcuni ragazzini giocare a calcio su un appezzamento di terreno di proprietà della Swansea Gaslight Company: è qui che sorge in breve tempo il Vetch Field, il "campo di veccia", il primo stadio dello Swansea. In origine il manto erboso è ricoperto da uno strato di braci di carbone ed ai giocatori è consigliato di indossare alcune protezioni per le ginocchia.


L'undici gallese entra a far parte della Football League nel 1920, anno in cui fonda assieme ad altre squadre la Third Division: il primo successo degno di nota è la Coppa del Galles nel 1932, mentre in campionato lo Swansea oscilla sempre tra la seconda e la terza divisione della piramide calcistica che mette assieme club inglesi e gallesi.

È qui, tra stabilimenti industriali abbandonati e vecchi giacimenti di carbone, che muove i primi passi da calciatore professionista Giorgio Chinaglia, negli anni a venire ribattezzato "Long John" in omaggio ad un attaccante a cui Swansea ha dato i natali - John Charles, il "gigante buono".

Emigrato in Galles con la famiglia poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il giovane Giorgio viene indirizzato verso il rugby. Ma lui no, non vuole saperne: lui ha in testa solo il calcio, da buon italiano. A Chinaglia, indubbiamente, il talento non manca, così come le doti fisiche, decisamente sbalorditive per un ragazzo in piena fase adolescenziale.

È la voglia di allenarsi il vero problema dell'attaccante di origini carrarine: arriva sempre tardi, non si applica come gli allenatori vorrebbero, trova distrazioni nelle donne, nell'alcol, nel gioco d'azzardo.

Con lo Swansea gioca da professionista un paio di stagioni, collezionando appena sei presenze e segnando la miseria di una rete: nell'estate del 1966 viene lasciato libero. Se ne va sbattendo la porta: "Un giorno pregherete per avere il mio autografo" urla ai compagni di squadra. Il presidente Glen David lo contraddice: "Non diventerai mai un calciatore professionista."

Pochi anni dopo, Chinaglia viene convocato in nazionale - suo il traversone che propizia lo storico gol di Fabio Capello a Wembley nel novembre 1973 -, vince lo scudetto con la Lazio ed il titolo di capocannoniere, vola negli Stati Uniti e diventa il miglior marcatore di sempre nella storia dei New York Cosmos e della North American Soccer League.

Nel frattempo, lo Swansea Town - ora denominato Swansea City in virtù del nuovo status amministrativo acquisito dalla città - naviga nell'anonimato e retrocede addirittura in quarta divisione. Le uniche soddisfazioni arrivano dalle prime partecipazioni alla Coppa delle Coppe, rese possibili dalla conquista della coppa nazionale.

Gli anni Ottanta si prospettano tuttavia forieri di grandi traguardi: lo Swansea arriva addirittura in First Division, il massimo campionato calcistico d'Inghilterra, dove vi dimora per un paio di stagioni. Ma poi è nuovamente caduta tra gli inferi, con un rovinoso ritorno in quarta divisione nel breve volgere di tre anni.

(1 - continua)

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