Quarta volta dei Mondiali di nuoto ed ecco che l'intervallo di tempo tra un'edizione e la successiva cambia nuovamente: adesso la competizione segue la stessa cadenza del corrispondente calcistico, dal 1978 si passa direttamente al 1982. Con una curiosa inversione: nel caso della Coppa del mondo l'organizzazione era toccata prima al Sudamerica (Argentina, vincitrice per la prima volta) e poi all'Europa (Spagna, con gli azzurri di Bearzot campioni), negli sport acquatici invece l'ecuadoregna Guayaquil succede a Berlino. Sono 848 gli atleti partecipanti, venti in più rispetto all'edizione tedesca.
Dopo il misero bottino raggranellato quattro anni prima, l'Unione Sovietica e - soprattutto - la Germania Est tornano a tenere testa agli Stati Uniti, i quali toccheranno comunque per primi il bordo nel medagliere complessivo. Lo scarto, tuttavia, si riduce rispetto a Berlino.
In particolar modo gli Usa vedono vacillare la loro prepotente egemonia nel nuoto maschile: se nelle tre diverse staffette è ancora una volta l'inno americano a riecheggiare durante la cerimonia di premiazione, nelle gare individuali gli statunitensi non sono più i leader incontrastati delle vasche. Nei 400 e 1500 stile libero il re, anzi, lo zar è ancora Vladimir Sal'nikov: il "mostro tra le onde" (nella foto a sinistra) conferma non solo la doppietta mondiale di Berlino ma anche quella olimpica di Mosca di due anni prima. Nella distanza più lunga, poi, è il primo nella storia a scendere sotto il muro dei quindici minuti. Non è dunque un caso che sia proprio lui il prescelto per il premio di nuotatore dell'anno. Bene anche il tedesco (dell'Ovest) Michael Gross che vince l'oro nei 200 stile libero e nei 200 farfalla, storico trionfo - condito peraltro dal nuovo record mondiale - per il brasiliano Ricardo Prado nei 400 misti. Porta invece la firma di Giovanni Franceschi l'unica medaglia azzurra in Ecuador: Long John porta a casa un bel bronzo nei 200 misti.
Torna poi a spirare il vento della Germania Est in campo femminile: le nuove campionesse teutoniche sono la regina dei misti Petra Schneider (è nata lo stesso giorno di Tracy Caulkins, questa volta terza sia nei 200 che nei 400 metri), la dorsista Kristin Otto - tre ori, di cui due nelle staffette - e la farfallista Ines Geißler, prima nei 200 e seconda nei 100 metri. Da segnalare nei 100 rana, vinti da Ute Geweniger, l'argento ex aequo tra la canadese Ottenbrite e la statunitense Rhodenbaugh.
Canada, Usa e Giappone si spartiscono per l'ennesima volti i tre podi nelle sfide del nuoto sincronizzato: l'americana Tracie Ruiz si aggiudica l'oro nella competizione individuale a discapito della canadese Kelly Kryczka, la quale però si rifà in coppia con Sharon Hambrok nella gara a coppie, battendo per una manciata di voti le due statunitensi Costie-Ruiz. La bandiera con la foglia d'acero sventola sul pennone più alto anche nella competizione a squadre.
Tra i tuffi, invece, non ci sono dubbi: le stelle e le strisce campeggiano su ognuno dei quattro gradini più alti. In campo femminile sia Megan Neyer (trampolino 3 metri) sia Wendy Wyland (piattaforma 10 metri) si affermano con ottimi punteggi, tra gli uomini nessuno riesce a tenere testa a Greg Louganis. Il tuffatore di San Diego (nella foto a destra) è solo uno dei tanti figli dell'integrazione made in Usa: nato da padre samoano e madre originaria della Svezia, viene adottato all'età di 9 anni da una famiglia di origine greca. Più volte campione mondiale e olimpico, Louganis annuncia nel 1994 di essere omosessuale - partecipa pure ai Gay Games - e un anno dopo esegue un altro comin' out, dichiarando la sua sieropositività all'HIV.
Nel torneo della pallanuoto, l'Italia scivola clamorosamente al nono posto dopo l'oro di Berlino: l'aria sudamericana porta invece giovamento all'Unione Sovietica, nuovamente sul tetto del mondo sette anni dopo il trionfo di Cali. Anche stavolta come allora è l'Ungheria a doversi accontentare dell'argento, mentre l'inedita Germania Ovest porta a casa un bronzo storico. Nelle fila dei sovietici c'è un solo giocatore, Aleksandr Kleymenov (attuale coach della nazionale femminile russa) che faceva parte anche della vittoriosa spedizione di sette anni prima in Colombia: tra i vincitori spicca anche Georgi Mshveniyeradze, figlio di P'et're, bronzo ai Giochi di Melbourne del 1956, passati alla storia per la celebre sfida all'ultimo sangue con l'Ungheria.
Fonti:
http://en.wikipedia.org/
http://it.wikipedia.org/
HistoFINA - Vol. VIII
L'Enciclopedia delle Olimpiadi - ed. La Gazzetta dello Sport (vol. I-II)
Dopo il misero bottino raggranellato quattro anni prima, l'Unione Sovietica e - soprattutto - la Germania Est tornano a tenere testa agli Stati Uniti, i quali toccheranno comunque per primi il bordo nel medagliere complessivo. Lo scarto, tuttavia, si riduce rispetto a Berlino.
In particolar modo gli Usa vedono vacillare la loro prepotente egemonia nel nuoto maschile: se nelle tre diverse staffette è ancora una volta l'inno americano a riecheggiare durante la cerimonia di premiazione, nelle gare individuali gli statunitensi non sono più i leader incontrastati delle vasche. Nei 400 e 1500 stile libero il re, anzi, lo zar è ancora Vladimir Sal'nikov: il "mostro tra le onde" (nella foto a sinistra) conferma non solo la doppietta mondiale di Berlino ma anche quella olimpica di Mosca di due anni prima. Nella distanza più lunga, poi, è il primo nella storia a scendere sotto il muro dei quindici minuti. Non è dunque un caso che sia proprio lui il prescelto per il premio di nuotatore dell'anno. Bene anche il tedesco (dell'Ovest) Michael Gross che vince l'oro nei 200 stile libero e nei 200 farfalla, storico trionfo - condito peraltro dal nuovo record mondiale - per il brasiliano Ricardo Prado nei 400 misti. Porta invece la firma di Giovanni Franceschi l'unica medaglia azzurra in Ecuador: Long John porta a casa un bel bronzo nei 200 misti.
Torna poi a spirare il vento della Germania Est in campo femminile: le nuove campionesse teutoniche sono la regina dei misti Petra Schneider (è nata lo stesso giorno di Tracy Caulkins, questa volta terza sia nei 200 che nei 400 metri), la dorsista Kristin Otto - tre ori, di cui due nelle staffette - e la farfallista Ines Geißler, prima nei 200 e seconda nei 100 metri. Da segnalare nei 100 rana, vinti da Ute Geweniger, l'argento ex aequo tra la canadese Ottenbrite e la statunitense Rhodenbaugh.
Canada, Usa e Giappone si spartiscono per l'ennesima volti i tre podi nelle sfide del nuoto sincronizzato: l'americana Tracie Ruiz si aggiudica l'oro nella competizione individuale a discapito della canadese Kelly Kryczka, la quale però si rifà in coppia con Sharon Hambrok nella gara a coppie, battendo per una manciata di voti le due statunitensi Costie-Ruiz. La bandiera con la foglia d'acero sventola sul pennone più alto anche nella competizione a squadre.
Tra i tuffi, invece, non ci sono dubbi: le stelle e le strisce campeggiano su ognuno dei quattro gradini più alti. In campo femminile sia Megan Neyer (trampolino 3 metri) sia Wendy Wyland (piattaforma 10 metri) si affermano con ottimi punteggi, tra gli uomini nessuno riesce a tenere testa a Greg Louganis. Il tuffatore di San Diego (nella foto a destra) è solo uno dei tanti figli dell'integrazione made in Usa: nato da padre samoano e madre originaria della Svezia, viene adottato all'età di 9 anni da una famiglia di origine greca. Più volte campione mondiale e olimpico, Louganis annuncia nel 1994 di essere omosessuale - partecipa pure ai Gay Games - e un anno dopo esegue un altro comin' out, dichiarando la sua sieropositività all'HIV.
Nel torneo della pallanuoto, l'Italia scivola clamorosamente al nono posto dopo l'oro di Berlino: l'aria sudamericana porta invece giovamento all'Unione Sovietica, nuovamente sul tetto del mondo sette anni dopo il trionfo di Cali. Anche stavolta come allora è l'Ungheria a doversi accontentare dell'argento, mentre l'inedita Germania Ovest porta a casa un bronzo storico. Nelle fila dei sovietici c'è un solo giocatore, Aleksandr Kleymenov (attuale coach della nazionale femminile russa) che faceva parte anche della vittoriosa spedizione di sette anni prima in Colombia: tra i vincitori spicca anche Georgi Mshveniyeradze, figlio di P'et're, bronzo ai Giochi di Melbourne del 1956, passati alla storia per la celebre sfida all'ultimo sangue con l'Ungheria.
Fonti:
http://en.wikipedia.org/
http://it.wikipedia.org/
HistoFINA - Vol. VIII
L'Enciclopedia delle Olimpiadi - ed. La Gazzetta dello Sport (vol. I-II)
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