sabato 30 ottobre 2010

La mano de Dios


Photo John Vink / Magnum

Dicono che oggi sia il cinquantesimo compleanno di Maradona. Sì, di Diego Armando, il numero uno dei numeri dieci. Tracciare un suo profilo, in concomitanza con il raggiungimento del traguardo del mezzo secolo di vita, all'apparenza è un gioco da ragazzi.

Ma sì, in fondo basta solo rammentare la sua infanzia nelle baraccopoli di Buenos Aires, gli esordi nell'Argentinos Juniors, il Boca Juniors come trampolino di lancio, l'approdo al Barcellona e quel brutto infortunio che rischiava di far svanire i suoi sogni di gloria, la consacrazione al Napoli.

E poi la storica marcatura su di lui di Gentile al Mondiale di Spagna, la conquista del Mondiale in Messico, la mano de Dios, l'altra favolosa rete segnata contro l'Inghilterra che abbiamo visto e rivisto in ogni dove, il Mondiale negli Stati Uniti, l'urlo animalesco seguito al sinistro vincente contro la povera Grecia, la squalifica in seguito alla sua controversa positività all'efedrina.

E poi i guai con il fisco, la dipendenza dalla cocaina, i gravi problemi di salute, le vicissitudini familiari, il tardivo riconoscimento del figlio avuto da Claudia Sinagra, le simpatie anticapitaliste, l'amicizia con Fidel Castro. Niente che non sia già stato detto o scritto.

E allora, come offrire un'immagine diversa di Maradona, un'immagine che non sia destinata a finire nel mare magnum di tutte le altre biografie? Ci provo affidandomi alla musica. "La mano de Dios" è infatti una canzone che Rodrigo Bueno, più comunemente noto come Rodrigo, ha dedicato ad uno dei suoi più illustri compatrioti.

Lo stesso Maradona, nel libro autobiografico "Io sono El Diego", la definisce "la canzone più bella che sia mai stata fatta per me e che mai faranno". E allora, di seguito, leggete il testo e gustatevi la versione cantata dallo stesso Diego. Una curiosità: quest'anno ricorre non solo il mezzo secolo di vita di Maradona, ma anche il decimo anniversario della scomparsa di Rodrigo, avvenuta in seguito ad un incidente stradale.

En una villa nació, fue deseo de Dios, crecer y sobrevivir a la humilde expresión. Enfrentar la adversidad con afán de ganarse a cada paso la vida. 
En un potrero forjó una zurda inmortal con experiencia sedienta ambición de llegar. De cebollita soñaba jugar un Mundial y consagrarse en Primera,
tal vez jugando pudiera a su familia ayudar... 
A poco que debutó"Maradó, Maradó",
la 12 fue quien coreó"Maradó, Maradó". Su sueño tenía una estrella llena de gol y gambetas... y todo el pueblo cantó: "Maradó, Maradó", nació la mano de Dios,"Maradó, Maradó". Llenó alegría en el pueblo,
regó de gloria este suelo... 
Carga una cruz en los hombros por ser el mejor,
por no venderse jamás al poder enfrentó. 
Curiosa debilidad, si Jesús tropezó,por qué él no habría de hacerlo.
La fama le presentó una blanca mujer de misterioso sabor y prohibido placer, que lo hizo adicto al deseo de usarla otra vez involucrando su vida. Y es un partido que un día el Diego está por ganar... 
A poco que debutó"Maradó, Maradó", la 12 fue quien coreó"Maradó, Maradó". Su sueño tenía una estrella llena de gol y gambetas... y todo el pueblo cantó:"Maradó, Maradó", nació la mano de Dios,"Maradó, Maradó". Llenó alegría en el pueblo, regó de gloria este suelo...Olé, olé, olé, olé, Diego, Diego.



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