domenica 7 agosto 2011

La Carta di Viareggio



«Buongiorno, avete una stanza libera? Dobbiamo riunirci, è importante».


È un’afosa giornata d'inizio agosto del 1926. Viareggio e la Versilia, da anni, sono la meta per antonomasia del turismo balneare. Qui si ritrovano, in cerca di quiete, illustri letterati, uomini di cultura, affermati artisti.

Qui, sotto il solleone, spendono il proprio tempo libero Gabriele D’Annunzio, Dina Galli, Thomas Mann, Ettore Petrolini. Il litorale viareggino si sta sottoponendo ad un’intensa operazione di maquillage: i grandi ombrelloni sono spuntati sull'arenile ed in pochi anni rileveranno le cosiddette “rotonde”, piccoli pontili in legno timidamente affacciati sul mare.

Ma sono anche i primi anni del regime fascista: in città le camicie nere malmenano il poeta Elpidio Jenco e l'avvocato Luigi Salvatori, il giornale Il Faro viene soppresso ed un'ordinanza vieta di issare le bandiere di paesi stranieri sui pennoni degli stabilimenti balneari.

Frattanto, Mussolini vara le cosiddette “leggi fascistissime” ed ogni aspetto della quotidianità viene inquadrato nel rigore del regime: la politica, l’istruzione, la giustizia, i sindacati. 


 «Buongiorno, avete una stanza libera? Dobbiamo riunirci, è importante».


Anche l’attività sportiva riceve le attenzioni di Mussolini, così come di molti gerarchi fascisti: appena un anno prima Leandro Arpinati, alto esponente del partito, aveva aiutato il Bologna a pareggiare una delle partite della finale di Lega Nord contro il Genoa, scatenando un’invasione di campo di squadristi per intimorire l’arbitro ed indurlo a favorire i felsinei.

Ne era seguita un’estate di tumulti, culminata con lo sciopero degli arbitri che, bersaglio di aspre accuse o addirittura minacce, si erano rifiutati di recarsi alle partite.

Urge "fascistica disciplina" anche nel calcio. E il regime, conscio della crescente popolarità del pallone in Italia, fa sì che anche lo sport finisca nella sua sfera d’influenza.

Non si perde tempo: il 7 luglio l’onorevole Lando Ferretti, presidente del CONI, nomina una commissione di tre esperti. L’ingegnere - e presidente del Bologna - Paolo Graziani, il gerarca romano Italo Foschi, l’avvocato milanese Giovanni Mauro, arbitro del famigerato incontro Bologna-Genoa: a loro l’onere di riformare il calcio italiano. 

«Buongiorno, avete una stanza libera? Dobbiamo riunirci, è importante».

Cercano la tranquillità, i tre dirigenti che hanno ricevuto l’investitura dai vertici nazionali dello sport: il compito loro assegnato è di vitale importanza. Cercano la pace.

E la trovano a Viareggio, paradiso terrestre per un turismo non ancora di massa e legato principalmente alla borghesia e agli intellettuali. Il nuovo campionato, tuttavia, incalza, le occasioni di sorseggiare una bibita lungo il viale Margherita, il salotto buono della città, sono ridotte al lumicino.

«Buongiorno, avete una stanza libera da darci? Dobbiamo riunirci, è importante».

La triade chiede asilo al Regio Casino, in piazza Grande: il palazzo è stato donato alla città da Carlo Ludovico, duca di Lucca, nel 1827 e successivamente convertito in casinò “…onde i forestieri che vi si portano per l’uso dei bagni di mare abbiano un locale dove riunirsi nelle ore a questi non necessarie”.

Lontano dalla calura e dai villeggianti assiepati sul litorale, ben al riparo dalla curiosità dei giornalisti, i tre dirigenti redigono il documento che riformerà il calcio italiano tra le mura di uno dei luoghi pionieristici del Carnevale viareggino. 


È il 2 agosto 1926: dopo nove ore di consultazione con quattro alti dirigenti del CONI viene pubblicato, ed entra subito in vigore, il nuovo statuto che prende il nome di «Carta di Viareggio».

È l’atto che segna la svolta per il calcio italiano: viene riconosciuto il professionismo, fino ad allora illegale, in quanto il regolamento contempla la distinzione tra dilettanti e “non dilettanti”.

Anche la Federcalcio è soggetta a cambiamenti: il Consiglio Federale è sostituito con il Direttorio Federale, a capo del quale viene nominato Arpinati. I due gruppi della massima divisione - Lega Nord e Lega Sud - confluiranno in un campionato a girone unico.

E poi c’è il fermo divieto, ispirato al principio fascista dell'autarchia, di acquistare stranieri: le squadre più facoltose proveranno, tuttavia, ad aggirare l’ostacolo e andranno alla ricerca di antenati nostrani dei calciatori sudamericani, i cosiddetti “oriundi” che, in virtù di queste parentele, potranno acquisire la cittadinanza italiana.

Questa chiusura delle frontiere termina solamente con la fine del ventennio fascista: nel frattempo il Regio Casino è stato chiuso (1937), in quanto vi si praticava il gioco d’azzardo, e Viareggio torna agli onori delle cronache calcistiche con la nascita del torneo giovanile Coppa Carnevale.

Rimane, tuttavia, una linea di continuità con il passato ed è quella tracciata in piazza Grande, oggi intitolata a Nieri e Paolini, due calafati uccisi dai fascisti nel 1921: l’attuale municipio sorge qui, nell'agorà viareggina, nel luogo delle decisioni cruciali. Nel luogo dove oggi si discutono i problemi della città. E dove, ottantacinque anni fa, si decisero le sorti del calcio italiano.


(Articolo pubblicato su "Il Tirreno" - riproduzione riservata)

Fonti:
Foot J., "Calcio 1898-2010 - Storia dello sport che ha fatto l'Italia", BUR, 2010
Martin S., "Football and Fascism: the national game under Mussolini", Berg, 2004 
"I lavori del Comitato Olimpionico Nazionale Italiano - Il comunicato ufficiale della riunione", Il Popolo Toscano, 04/08/1926
Camiciottoli D., "Il nuovo ordinamento calcistico italiano (Nostra intervista con l'On. Lando Ferretti), Il Popolo Toscano, 09/08/1926

2 commenti:

  1. Bella e interessante storia,fa sempre bene rammentare fatti nobili e meno nobili della Storia d'Italia. Il connubio società e sport è un utile elemento che ci consente di non dimenticare e nello stesso tempo vivere la realtà, sotto condizione degli errori del passato.
    Con la "Carta di Viareggio" la città diventa protagonista, in questo caso, delle "sorti del calcio italiano"
    Antonio Emanuele Passaro

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  2. Caro Antonio,

    ti ringrazio per i complimenti. Ci tenevo molto a questa storia, un po' perché chiama in causa la città dove sono cresciuto, un po' perché a Viareggio la conoscono in pochi (credo).

    Come dici tu è sempre bene rammentare fatti nobili e meno nobili della storia d'Italia, ma il mio intento era anche quello di raccontare la Viareggio del tempo che fu. Non nascondo di provare profonda tristezza se penso che in quegli anni a Viareggio le celebrità erano D'Annunzio, Huxley, Mann, Petrolini e oggi si chiamano Del Santo, Santanchè, Rodriguez e Corona...

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