Nel Brasile che
partecipa, senza lasciare granché traccia, al torneo di pallanuoto dei Giochi
olimpici del 1952 a Helsinki c’è un aitante trentaseienne con i capelli chiari
e lo sguardo glaciale. Detta così, parrebbe uno scandinavo piuttosto che un
sudamericano. E in effetti al nome tipicamente brasiliano (João) contrappone un
cognome di origine europea, belga per la precisione: Havelange. Un curioso binomio
che diventerà famoso, soprattutto quando la carriera da atleta sfocerà in
quella dirigenziale.
Per quanto sia uno studente modello, Havelange eccelle pure nelle
varie sezioni sportive della Fluminense: il suo primo amore è il calcio, ma è
nel nuoto che inanella i maggiori successi. Addirittura, a soli 20 anni viaggia
alla volta di Berlino per partecipare ai Giochi olimpici, dove tuttavia s’incaglia
nelle prime batterie sia nei 400 che nei 1500 stile libero.
Si capisce fin da subito
che Havelange non si accontenta di occupare un ruolo di primordine soltanto in
vasca: già nel 1937 è direttore della squadra di pallanuoto del Botafogo.
Dopo la Seconda guerra mondiale prosegue la sua scalata al potere: diventa presidente della Federazione Paulista di nuoto nel 1949 per poi ricoprire la massima carica della Federazione Metropolitana di nuoto di Rio de Janeiro dal 1952 al 1956.
Dopo la Seconda guerra mondiale prosegue la sua scalata al potere: diventa presidente della Federazione Paulista di nuoto nel 1949 per poi ricoprire la massima carica della Federazione Metropolitana di nuoto di Rio de Janeiro dal 1952 al 1956.
Nel frattempo João, come è stato ribattezzato, è diventato un
giocatore della nazionale di pallanuoto con cui vince l’argento ai Panamericani
del 1951.
L’anno seguente, ai Giochi di Helsinki, i brasiliani ambiscono a un piazzamento più che dignitoso: battuti di misura dalla Spagna, superano il turno preliminare battendo 6-2 il Portogallo in un inedito scontro tra colonizzati e colonizzatori. Le successive sconfitte contro Sudafrica, ancora Spagna e il Belgio, dove affonda le proprie radici l’albero genealogico di João, nella fase a gironi costano ai sudamericani l’eliminazione. Prima del ritiro dall’attività agonistica c’è tempo per un bronzo ai Panamericani.
L’anno seguente, ai Giochi di Helsinki, i brasiliani ambiscono a un piazzamento più che dignitoso: battuti di misura dalla Spagna, superano il turno preliminare battendo 6-2 il Portogallo in un inedito scontro tra colonizzati e colonizzatori. Le successive sconfitte contro Sudafrica, ancora Spagna e il Belgio, dove affonda le proprie radici l’albero genealogico di João, nella fase a gironi costano ai sudamericani l’eliminazione. Prima del ritiro dall’attività agonistica c’è tempo per un bronzo ai Panamericani.
Havelange, intanto, è
ormai stabilmente introdotto tra i dirigenti sportivi: è il capo della
delegazione ai Giochi di Melbourne del 1956, è un membro del comitato olimpico
nazionale e assume la presidenza della oggi defunta Confederazione brasiliana
degli sport.
Poi, nel 1974, diventa il primo non-europeo a guidare la Fifa, il massimo organo calcistico mondiale.
Poi, nel 1974, diventa il primo non-europeo a guidare la Fifa, il massimo organo calcistico mondiale.
La sua controversa presidenza - è stato più
volte accusato di corruzione e di gestioni poco trasparenti - si concluderà nel
1998 con l’elezione di Sepp Blatter: prima di lui nessuno era rimasto al potere
così a lungo. A Rio le gare di atletica si svolgeranno nello stadio olimpico a
lui intitolato.
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