“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. 4 luglio 2004: gli
americani staranno sicuramente celebrando l’Independence Day, magari accendendo
il barbecue nel giardino di quelle villette che sembrano la riproduzione su
larga scala dello stesso, identico modellino. Io, invece, festeggio la fine
dell’esame di maturità: è il giorno successivo all’orale e, ormai libero da
patemi, posso godermi l’epilogo degli Europei di calcio. Finale inedita e
inattesa, quella di Lisbona: Grecia contro Portogallo.
Che ci crediate o no, non è del tutto fortuito che io, liceale appassionato di pallone, debba diplomarmi nell’anno in cui gli ellenici si sono ripresentati a una principale competizione calcistica. Anzi: la Moira, incarnazione del destino nella mitologica greca, ha voluto che nella seconda prova scritta dovessimo cimentarci con una versione di Platone. E ignoro, in quel momento, di esser giunto alle ultime pagine di un avvincente poema epico alla stregua di Iliade e Odissea.
Che ci crediate o no, non è del tutto fortuito che io, liceale appassionato di pallone, debba diplomarmi nell’anno in cui gli ellenici si sono ripresentati a una principale competizione calcistica. Anzi: la Moira, incarnazione del destino nella mitologica greca, ha voluto che nella seconda prova scritta dovessimo cimentarci con una versione di Platone. E ignoro, in quel momento, di esser giunto alle ultime pagine di un avvincente poema epico alla stregua di Iliade e Odissea.
Da lì in avanti la Grecia non abbassa la testa con nessuno: sei vittorie in altrettante gare, pure contro la favoritissima Spagna. Segna poco - una, massimo due reti - e subisce ancora meno - porta inviolata per oltre 540 minuti. Il rigore calciato da Tsiartas nella porta dell’Irlanda del Nord vale la prima qualificazione a un Europeo dal 1980 a oggi. Un’eternità.
“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. Eppure sbarcare in
Portogallo con i galloni di prima classificata del proprio raggruppamento bene
in vista non basta, tanto più che la Grecia finisce in un girone da inferno
dantesco contro Portogallo, Russia e Spagna. Gli allibratori non ripongono
molta fiducia nei pronipoti di Socrate e Aristotele: la vittoria dell’Europeo è
quotata 150 a 1.
Come se non bastasse, i calciatori dell’Aek Atene vengono aggrediti durante un allenamento da alcuni tifosi che danneggiano pure spogliatoi e auto. Sarebbe stato Nikolaidis ad aver aizzato il gruppo di facinorosi contro i giocatori, rei di aver rifiutato il piano di risanamento proposto da un gruppo d’imprenditori fiancheggiati dallo stesso centravanti: lo spogliatoio si spacca, qualcuno si rifiuta di giocare con lui.
Otto Rehhagel, l’allenatore tedesco che dal 2002 guida la nazionale, è abituato a riportare rigore e disciplina in un gruppo ostaggio dell’anarchia. Dopo aver invitato tutti a darsi un contegno prepara meticolosamente l’avvicinamento agli Europei con l’aiuto di Topalidis, il suo vice che fa anche da preparatore atletico e interprete.
Come se non bastasse, i calciatori dell’Aek Atene vengono aggrediti durante un allenamento da alcuni tifosi che danneggiano pure spogliatoi e auto. Sarebbe stato Nikolaidis ad aver aizzato il gruppo di facinorosi contro i giocatori, rei di aver rifiutato il piano di risanamento proposto da un gruppo d’imprenditori fiancheggiati dallo stesso centravanti: lo spogliatoio si spacca, qualcuno si rifiuta di giocare con lui.
Otto Rehhagel, l’allenatore tedesco che dal 2002 guida la nazionale, è abituato a riportare rigore e disciplina in un gruppo ostaggio dell’anarchia. Dopo aver invitato tutti a darsi un contegno prepara meticolosamente l’avvicinamento agli Europei con l’aiuto di Topalidis, il suo vice che fa anche da preparatore atletico e interprete.
Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά. Μῆνιν ἄειδε θεὰ
Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος. No, basta. È
sabato 12 giugno, iniziano gli Europei. Decido di riporre per un paio d’ore
l’Iliade e l’Odissea per accendere la televisione e gustarmi la partita di
apertura. Toh, giocano Grecia e Portogallo, arbitra Pierluigi Collina,
viareggino come me.
La cerimonia inaugurale omaggia il glorioso passato lusitano, i grandi esploratori come Enrico il Navigatore, fondatore della prima scuola nautica d’Europa e inventore della caravella. Proprio la sua creatura solca un oceano di striscioni blu che, d’improvviso, si trasformano nelle bandiere dei Paesi partecipanti. La caravella salpa dal manto erboso del nuovissimo Estádio do Dragão: finalmente si gioca.
La cerimonia inaugurale omaggia il glorioso passato lusitano, i grandi esploratori come Enrico il Navigatore, fondatore della prima scuola nautica d’Europa e inventore della caravella. Proprio la sua creatura solca un oceano di striscioni blu che, d’improvviso, si trasformano nelle bandiere dei Paesi partecipanti. La caravella salpa dal manto erboso del nuovissimo Estádio do Dragão: finalmente si gioca.
“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. Felipe Scolari, il
commissario tecnico brasiliano del Portogallo, si affida all’estro di Figo e
Rui Costa, che sono un po’ i Pessoa e Saramago del pallone con quelle giocate
di classe che sembrano davvero poesia in movimento. L’undici di Rehhagel,
invece, trasuda pragmatismo teutonico: davanti a Nikopolidis linea difensiva a
quattro con Seitaridis e Fyssas che giocano a zona sulle fasce, Kapsis in marcatura
e il romanista Dellas addirittura come libero, un mediano (Katsouranis) a
francobollare il trequartista avversario con Zagorakis e Karagounis a fare
pressing alto sui portatori di palla, centrocampo infoltito con altri due
giocatori offensivi (Charisteas e Giannakopoulos) a rimorchio dell’unica punta
Vryzas.
Tattica antiestetica e demodé: catenaccio, lanci lunghi e contropiede. Un
calcio votato a destrutturare anziché costruire. Però funge: al settimo minuto Paulo
Ferreira, messo alle strette, sbaglia un facile disimpegno e serve Karagounis.
Calcia dai 20 metri e trafigge sul primo palo un Ricardo non proprio
irreprensibile: Ένα-μηδέν, “uno a zero”, esclama
l’incredulo telecronista greco. Il Portogallo intesse laboriose trame ma sembra
quasi mettersi d’impegno nel non finalizzarle concludendo a rete.
“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. Al rientro dagli
spogliatoi un giovanissimo Cristiano Ronaldo e Deco rimpiazzano gli abulici Rui
Costa e Simâo, ma non cambia nulla. Anzi: Collina non può far altro che punire
con il rigore un irruente intervento proprio di Ronaldo su Seitaridis. Perfetta
esecuzione di Basinas che spiazza Ricardo e fionda il pallone sotto l’incrocio:
δύο-μηδέν, se non è tragedia poco ci
manca.
Lento e compassato, il Portogallo trova l’inutile e tardivo gol nel recupero: fa tutto ancora Cristiano Ronaldo che svetta su un calcio d’angolo. “Credo che questa vittoria sia la più importante nella storia del calcio greco”, gongola Rehhagel a fine gara. “Non vorrei esagerare, ma penso sia proprio così”. Το πειρατικό, “la nave pirata”: così chiamano in patria la nazionale greca. In effetti i giocatori dalla maglia blu come l’Egeo hanno depredato, da scafati corsari, la caravella lusitana. Per giunta in una città chiamata Porto. Mai soprannome poteva suonare più appropriato.
Lento e compassato, il Portogallo trova l’inutile e tardivo gol nel recupero: fa tutto ancora Cristiano Ronaldo che svetta su un calcio d’angolo. “Credo che questa vittoria sia la più importante nella storia del calcio greco”, gongola Rehhagel a fine gara. “Non vorrei esagerare, ma penso sia proprio così”. Το πειρατικό, “la nave pirata”: così chiamano in patria la nazionale greca. In effetti i giocatori dalla maglia blu come l’Egeo hanno depredato, da scafati corsari, la caravella lusitana. Per giunta in una città chiamata Porto. Mai soprannome poteva suonare più appropriato.
Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά. Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος. Mercoledì 16 giugno: sveglia presto, oggi c’è il
tema. E domani la versione di greco. Esorcizzo la vigilia della seconda prova
d’esame come sabato scorso: guardando uno scampolo di partita degli Europei. La
Grecia sfida la Spagna e stavolta è costretta a rincorrere: un retropassaggio
corto di Kapsis viene intercettato e Morientes gira la palla in rete dopo aver
saltato Dellas. Gli ellenici, però, hanno imparato dai loro avi che la
battaglia non è ancora persa. E così sia: Charisteas raccoglie uno stupendo
lancio di Tsartas e abbozza un tiro in diagonale. La palla sbatte su Casillas e
cambia traiettoria, finendo comunque in rete. Ένα-ένα.
“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. Adesso la Grecia, che
nel suo precedente e unico Europeo non aveva saputo racimolare più di un misero
pareggino, accarezza il sogno di andare avanti nella competizione. Ma prima c’è
da battere la già eliminata Russia. Facile, no? Eh no: dopo poco più di un
quarto d’ora i greci sono già sotto di due reti. Però dimezzano lo svantaggio
prima dell’intervallo: dalla linea di fondo Charisteas rimette al centro un
pallone a campanile, Papadopoulos prolunga di testa e Vryzas scavalca Malafeev
con un tocco morbido. Ένα-δύο, stavolta per gli avversari.
Poco male: nella ripresa, a Lisbona, la Spagna inciampa col Portogallo:
incredibile, passa la Grecia per maggior numero di reti segnate.
Ἄνδρα μοι ἔννεπε,
Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά. Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος. Il giorno seguente all’indolore sconfitta con la
Russia, frattanto, finisco con la famigerata terza prova la sessione degli
scritti. Tre, come le partite giocate dalla Grecia finora: supero la mia
personalissima fase a gironi. Il “De rerum natura” di Lucrezio, i filosofi del
Novecento, le funzioni algebriche e le opere di D’Annunzio e Pirandello
occupano i miei pomeriggi in vista dell’orale.
La Grecia continua a stupire: il 25 giugno, ai quarti, sbatte fuori la presuntuosa Francia con un’imperiosa incornata di Charisteas, che sembra quasi Icaro in volo verso il sole da tanto che stacca da terra su perfetta imbeccata di Zagorakis. Ένα-μηδέν.
La Grecia continua a stupire: il 25 giugno, ai quarti, sbatte fuori la presuntuosa Francia con un’imperiosa incornata di Charisteas, che sembra quasi Icaro in volo verso il sole da tanto che stacca da terra su perfetta imbeccata di Zagorakis. Ένα-μηδέν.
1° luglio: tensione palpabile in camera mia e a Oporto, dove la Grecia
affronta in semifinale la Repubblica Ceca fin qui sempre vittoriosa. I boemi
colpiscono una traversa, si divorano un gol e impegnano a più riprese
Nikopolidis senza mai superarlo. Ultimo minuto del primo supplementare: angolo
di Katsouranis dalla destra, irrompe Dellas che di testa batte Čech. Ένα-μηδέν.
È la prima applicazione in un Europeo del silver gol, regola indigesta per i
cechi che già avevano provato a proprie spese il golden gol nella finale del
1996.
“Narrami, o Musa, dei valorosi ellenici le grandi
gesta…”. Tutto finito. Dalla
tarda mattinata di sabato 3 luglio il mio percorso scolastico è finito. Ora un
po’ di meritato riposo e, soprattutto, la finale degli Europei. Che coincide
con la gara inaugurale, in quella che i filologi avrebbero chiamato ringkomposition, cioè la struttura ad anello
tipica di svariate opere letterarie dell’antica Grecia: mai era successo nella
storia della competizione. I greci stavolta indossano la divisa bianca, ma è
solo un dettaglio. E no, non è sinonimo di resa.
Partita bruttina, a dirla
tutta: un tatticismo portato all’eccesso prevale sul gioco arioso e sulle
occasioni da gol. La prima che la Grecia è in grado di costruire basta e
avanza: Basinas scodella al centro dalla bandierina di destra, solito salto di
Charisteas che in un colpo solo anticipa Ricardo Carvalho, Costinha e Ricardo e
di testa fa gonfiare la rete sguarnita. La nave pirata ellenica non si smentisce:
Ένα-μηδέν.
L’epilogo dell’Europeiade
pare già scritto: Portogallo tramortito e imbambolato, a nulla valgono gli
ingressi di Rui Costa e Nuno Gomes per sovvertire quelle che Antigone chiamava
le “leggi non scritte e innate degli dei”. L’Europeo si conclude allo stesso
modo in cui era partito: i greci sono ebbri di gioia, i portoghesi più tristi
di quanto non lo sia il fado. Eusébio, il formidabile centravanti della
nazionale negli anni Sessanta, sembra quasi voler trattenere la coppa
intitolata ad Henri Delaunay quando deve farla scivolare tra le mani di
Zagorakis. Grecia sul tetto d’Europa. O meglio, nell’Olimpo del calcio europeo.
Vince, con lui, una filosofia calcistica invisa agli
esteti e agli amanti del bello. Vince, con lui, un Paese fino a quel momento
capace di arrivare solamente con il Panathinaikos a una finale di Coppa dei Campioni
nel lontano 1971. Conquistato Il Portogallo, la nave pirata fa rotta verso
casa. Un po’ come gli achei che tornarono vincitori da Troia.
(questo è articolo è stato premiato a Overtime Festival 2016)
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