venerdì 26 giugno 2009

Coloni battono Madrepatria 1-0



Foto www.zimbio.com
Prima pagina sui principali quotidiani nazionali, persino sul "New York Times", da sempre restio a scrivere di quello sport per signorine chiamato soccer: la grande impresa della nazionale di Bob Bradley contro la Spagna nella semifinale della Confederations Cup sembra aver ricordato agli statunitensi che esiste anche il calcio, nel loro Paese. 

La storica testata della Grande Mela ha paragonato l'emozione suscitata dalla vittoria di Donovan e compagni sulla Spagna a quella provata per il trionfo degli Usa nello storico incontro di hockey su ghiaccio alle Olimpiadi invernali di Lake Placid: gli americani, capitanati da Mike Eruzione, sconfissero la favorita Urss con una squadra composta da giocatori universitari e dilettanti, dando vita al celebre "Miracolo sul ghiaccio".


Senza sconfinare dall'ambito calcistico, mi piacerebbe ricordare ai lettori di questo blog un'altra impresa storica, forse ancora più carica di significati...

"Tutti lo chiamavano Larry, ma il suo nome era Joe Gaetjens": così Gavin Newsham presenta nel prologo di Once in a lifetime, libro che racconta la storia dei New York Cosmos, uno dei più grandi eroi del calcio statunitense.

Joe Gaetjens lascia la sua casa di Port-au-Prince nel 1948 per andare a studiare ragioneria alla prestigiosa Columbia University di New York, avendo vinto una borsa di studio istituita dal governo haitiano: finisce a fare il lavapiatti in un ristorante di cucina tedesca e, nel tempo libero, coltiva la passione per il calcio. Con buoni risultati, peraltro: è lui il giocatore di punta del Brookhattan, squadra della semisconosciuta American Soccer League, un attaccante che sa sempre farsi trovare al posto giusto nel momento giusto.

Nel 1950 riprendono, dopo la tragica parentesi bellica, i Mondiali di calcio: è il Brasile il paese ospitante. Gli USA riescono a qualificarsi, pur tra mille difficoltà, per la fase finale: l'allenatore Bill Jeffrey deve rinunciare a Benny McLaughlin, a causa di problemi di lavoro ed anche della data di matrimonio già fissata. Numerosi sono gli esordienti nella squadra e tra questi vi è pure Ed McIlvenny, tra i pochissimi professionisti a tempo pieno della spedizione: altri giocatori, infatti, hanno anche un lavoro.

La nazionale americana è un vero e proprio miscuglio di mestieri: c'è chi fa l'insegnante, chi il camionista, chi il meccanico, chi addirittura guida i carri funebri. Nonostante non sia ancora cittadino americano, Joe viene convocato in nazionale perché dichiara di voler prendere il nuovo passaporto: all'epoca, le regole della Federcalcio statunitense lo prevedevano. In realtà ,Gaetjens giocherà una partita di qualificazione ai Mondiali del 1954 con la maglia della nazionale haitiana.

Le tre amichevoli che accompagnano gli USA verso la manifestazione brasiliana si rivelano un autentico disastro: diciotto reti subite, nemmeno una segnata. Poi arriva l'esordio con la Spagna, vittoriosa per 3-1 dopo l'iniziale vantaggio messo a segno da Gino Pariani.

E poi c'è l'appuntamento con la storia. Belo Horizonte, 29 giugno: gli USA affrontano gli inglesi, i maestri del calcio. I giocatori di Sua Maestà sono talmente sicuri della propria forza che si concedono il lusso di rinunciare ad alcuni pilastri della squadra, tra cui Stanley Matthews, futuro primo vincitore del Pallone d'Oro. Ma tanta tracotanza riceve la meritata punizione.


Inaspettatamente, difatti, gli americani si rivelano all'altezza della situazione: l'intervallo si avvicina ed il risultato non si schioda dal pareggio a reti bianche. Arriva poi il minuto di gloria degli uomini di coach Jeffrey: rimessa laterale di Ed McIlvenny per il centrocampista Walter Bohr, il quale si accentra dall'ala e calcia verso la porta inglese. Sulla traiettoria si inserisce Gaetjens che, di testa, devia la conclusione oltre le spalle del portiere Bert Williams e regala il clamoroso vantaggio alla squadra americana. 

Il secondo tempo è un assalto inglese al fortino occupato da Frank Borghi, ma la difesa a stelle e strisce resiste strenuamente agli attacchi avversari: al fischio finale dell'arbitro, l'italiano Dattilo, il pubblico scavalca le staccionate che separano le tribune dal manto erboso e prende d'assalto il campo da gioco, portando in trionfo gli eroi americani.

La notizia giunge immediatamente ovunque: lo stupore regna sovrano a tutte le latitudini. I primi lanci d'agenzia parlano di un certo "Larry Gaetjens" come autore del gol decisivo, anche se il New York Times assegna erroneamente la storica marcatura ad Ed Souza. Oltre l'oceano Atlantico, frattanto, la disfatta inglese contro un manipolo di semiprofessionisti assume i connotati di una tragedia nazionale: chi legge la notizia sui giornali dà uno sguardo al calendario per verificare che non sia il 1° Aprile, un quotidiano scrive di un tragico errore di trasmissione e rivela che l'Inghilterra si è imposta con un roboante 10-1. Ma l'amara realtà è un'altra: i maestri del calcio si sono arresi al cospetto di un gruppo di dilettanti.


La vittoria galvanizza gli statunitensi, che però escono di scena nell'incontro successivo, perso contro il Cile. Ma la squadra ha già vinto il suo piccolo Mondiale battendo gli inglesi, un trionfo dai risvolti socioculturali, perché l'Inghilterra era l'odiata madrepatria dalla quale le celebri tredici colonie si resero indipendenti.

Una volta rientrato in patria, la vita di Joe torna alla quotidianità di prima, alla sua mansione di lavapiatti, in un paese di oltre 200 milioni di anime del tutto ignare delle sue gesta. Quattro anni dopo, Joe riabbraccia la sua Haiti: qui, nel luglio 1964, viene arrestato dalla polizia militare e successivamente ucciso, probabilmente dagli squadroni della morte.

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