venerdì 5 agosto 2016

Pallanuoto e Olimpiadi: Kurt Epstein


Capita agli sportivi, nel corso della loro esistenza, di dover affrontare due diverse tipologie di partite - quella che mette in palio un trofeo, una medaglia o la semplice gloria personale e quella, ben più importante, per la sopravvivenza. Il cecoslovacco Kurt Epstein disputò sia l’una che l’altra, a cavallo tra gli anni Trenta e il decennio seguente, uscendone vittorioso soprattutto nel secondo caso.

 Nato a una cinquantina di chilometri da Praga in quello che ancora si chiamava Impero austroungarico, Kurt è uno degli ultimi discendenti di una famiglia di conciari ebrei che ha messo le radici in Boemia da oltre 400 anni. Dopo aver provato il canottaggio decide di passare al nuoto agonistico, da lui stesso considerato “lo sport ideale per gli ebrei” perché non richiedeva eccessiva forza fisica: si affilia al Český Plaveckých Klub (Cpk) e vince una gara nei 50 rana.

Negli anni Venti si arruola nell’esercito della Cecoslovacchia, divenuta nel frattempo un Paese indipendente dopo il crollo dell’Impero, e frequenta la scuola per ufficiali a Kosice: viene tuttavia richiesta la sua presenza a Praga, in particolare per la squadra di pallanuoto del Cpk. E così, nel 1928, partecipa con la nazionale al torneo olimpico ai Giochi di Amsterdam: la squadra è subito eliminata dalla Gran Bretagna e chiude al nono posto.

Stesso piazzamento alle Olimpiadi di Berlino: Epstein è tra gli atleti ebrei con cui la Cecoslovacchia si presenta al grande evento che negli intendimenti di Adolf Hitler dovrà glorificare la presunta superiorità ariana. Lo stesso Kurt ha deciso di non aderire al boicottaggio invocato dalla comunità ebraica, ritenendo lo sport molto più importante delle questioni politiche.

Sono gli ultimi giorni di libertà per Epstein: a seguito della conferenza di Monaco del 1938 molti territori della Cecoslovacchia vengono annessi alla Germania. Iniziano le prime deportazioni in massa degli ebrei: Epstein finisce a Theresienstadt, poi ad Auschwitz e infine nel campo di lavoro di Frydlant. Il fisico temprato e gli insegnamenti appresi a Kosice gli consentiranno di sopravvivere dentro i lager, dove intrattiene gli altri prigionieri con un discorso sull’ideale olimpico e l’importanza dello sport. I nazisti, tuttavia, non risparmiano il padre Max, la madre Helen e i fratelli Erich e Bruno.

Finita la guerra, Epstein torna in una Praga liberata e diventa membro del comitato olimpico nazionale. È solo un apparente ritorno alla normalità: nel 1948 i comunisti salgono al potere e lui decide di rifugiarsi negli Stati Uniti. Il destino lo porta a conoscere e sposare Franci, pure lei sopravvissuta alla deportazione in tre lager nazisti.

Morto nel 1975, la sua incredibile vicenda personale rivive nella biografia redatta dalla figlia Helen, oggi affermata giornalista e scrittrice, che gli riconosce il merito di aver saputo “nuotare contro gli stereotipi”.

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