martedì 5 maggio 2009

Hristo santo


"Esistono solamente due Cristi.
Uno è in paradiso, l'altro gioca nel Barcellona"
Il viaggio che mi appresto a fare in Bulgaria - so che non mi crederete, ma è roba seria - mi ha offerto lo spunto per parlare di uno dei miei giocatori preferiti in assoluto. Uno che ho avuto la possibilità di ammirare con indosso la maglia della mia squadra del cuore, nella quale non lasciò tuttavia grandi tracce: Hristo Stoichkov.

Le sue caratteristiche principali? Era un giocatore veloce nel dribbling e capace di accelerazioni impressionanti, dotato di una precisione chirurgica sui calci di punizione ma anche di un temperamento fin troppo aggressivo sul campo di gioco, che lo portava a ripetuti battibecchi con avversari e direttori di gara.

Gli inizi. Nato l’8 febbraio del 1966 a Plovdiv, Stoichkov cresce nel Maritsa, squadra della sua città natale, e successivamente passa all’Hebros di Harmanli, dove trascorre due stagioni condite dai primi gol in carriera. Il CSKA di Sofia, una delle società calcistiche più blasonate del paese, lo tiene d’occhio e si assicura le sue prestazioni nel 1984: alla prima stagione con la squadra dell’esercito segna appena un gol in undici partite. Soprattutto, esterna già il suo carattere tutt’altro che mite: il 18 giugno 1985 è il giorno della finalissima della Coppa nazionale contro gli eterni rivali del Levski. 

Alcune decisioni arbitrali surriscaldano gli animi, i giocatori se ne danno di santa ragione ed anche il direttore di gara viene aggredito: Stoichkov rimane coinvolto in una rissa e verrà squalificato, assieme ad un compagno di squadra e ad altri quattro avversari (tra cui il portiere Mikhailov, futuro compagno di squadra nella fortunata spedizione della Nazionale ai Mondiali giocati negli Stati Uniti).

Rimasto al palo per squalifica nella stagione successiva, Stoichkov torna in campo e trascina il CSKA verso grandi traguardi: grazie alle sue reti, la squadra della capitale conquista tre scudetti, altre tre coppe nazionali ed una Supercoppa di Bulgaria. Il 1989 è l'anno della consacrazione: realizzando 38 reti in 30 incontri si aggiudica lo scettro di capocannoniere del campionato. Ma gli viene consegnato anche un altro riconoscimento, ben più ambito: la Scarpa d’oro, premio per il bomber più prolifico d’Europa.

Finché il Barça va… Con queste cifre da capogiro, la sua permanenza in Bulgaria ha ormai le ore contate: il grande Johan Cruijff, allenatore del Barcellona, lo nota e lo vuole fortemente nella sua squadra. È il 1990 e Stoichkov sbarca in Catalogna: con i blaugrana continua a confermare le sue doti di genio e sregolatezza. 

Se da una parte persevera nella sua intemperanza (un pestone all’arbitro Urízar Azpitarte gli costa svariate giornate di squalifica), dall’altra contribuisce in prima persona alla conquista di altri scintillanti trofei: quattro scudetti consecutivi, tre Supercoppe di Spagna, una Supercoppa Europea e, soprattutto, la prestigiosa Coppa dei Campioni. Assieme a giocatori del calibro di Michael Laudrup, Ronald Koeman e Romario forma quello che è stato ribattezzato il «Dream team» e diventa l’idolo della tifoseria del Barça.

Il Pallone d’Oro. Stoichkov non fa comunque solo le fortune dei club: anche la Nazionale - della quale diventa leader indiscusso - beneficia delle sue magie e dei suoi gol imprevedibili, tanto da qualificarsi per la fase finale dei Mondiali di Usa 94. 

L’avvio non è dei migliori, ma la squadra riesce a superare la fase a gironi battendo l’Argentina di Maradona: dopo aver avuto la meglio sul Messico ai rigori, ecco arrivare il capolavoro ai quarti contro la Germania. I tedeschi passano in vantaggio, ma si fanno riprendere da una magistrale punizione di Stoichkov: al resto pensa Letchkov con un colpo di testa vincente. 

La marcia trionfale si ferma in semifinale, dove ha la meglio l’Italia di Roberto Baggio: la Bulgaria chiude al quarto posto e Stoichkov si laurea capocannoniere della manifestazione con sei reti. A fine anno viene poi insignito del Pallone d’Oro: è il primo giocatore bulgaro ad ottenere un riconoscimento di tale levatura.

L’avventura italiana. Conclusasi la rassegna americana, il Barça lo attende ancora per continuare a conquistare trofei: il suo rendimento, però, cala bruscamente e a fine stagione non tocca neppure la doppia cifra. Colpa di alcuni dissapori con colui che lo aveva voluto fortemente in Catalogna. «Mi ha cacciato perché non sopportava che io col Barça avessi vinto più di quanto gli era riuscito in tutta la sua carriera di calciatore - dichiarerà in seguito a proposito di Cruijff - ma l' aveva detto chiaro e tondo: fosse per me, tu non giocheresti mai». Il Parma sta alla finestra, approfitta del momento e con 12 miliardi di lire l’affare si conclude: Stoichkov arriva in Italia nell’estate 1995, alla sua presentazione assistono migliaia di tifosi che sognano di poter vincere lo scudetto.

Le prime uscite in maglia gialloblù fanno ben sperare: a New York segna una doppietta nella sfida di «Parmalat Cup» contro il Boca Juniors, in campionato esordisce subito con una punizione da manuale del calcio contro l’Atalanta. Nella prima metà della stagione il bulgaro segna (quattro gol in cinque giornate) e convince, entrando spesso nel vivo dell’azione e fornendo assist preziosi ai compagni. Ma è solo un’illusione: con il passar del tempo un giovane Pippo Inzaghi gli ruba la scena, complice anche qualche screzio di troppo all’interno dello spogliatoio. Dopo appena un anno Stoichkov torna alla corte del Barcellona - nel frattempo sbarazzatosi di Cruijff - lasciando l’Italia senza grandi rimpianti.

Fine carriera da giramondo. Il rapporto del fuoriclasse bulgaro con la maglia blaugrana non è stato per nulla intaccato. Soprattutto, non ha ancora appagato la sua voglia di vincere: arrivano altre due Supercoppe (di Spagna e d’Europa), la Coppa delle Coppe e la Coppa del Re. Ma è ormai alla luce del sole che per Stoichkov gli anni migliori siano già trascorsi: nella primavera del 1998 torna al CSKA per una breve parentesi, poi vola addirittura in Arabia Saudita per giocare nell’Al-Nasr, con cui vince la Coppa delle Coppe asiatica. L’anno successivo la rotta prosegue verso l’Estremo Oriente: Stoichkov si fa ammaliare dagli yen e per due stagioni gioca in forza al Kashiwa Reysol.

La sua carriera si chiude nella MLS, massimo campionato calcistico degli Stati Uniti sorto da pochi anni, con le maglie di Chicago Fire prima e DC United successivamente.

Hristo in panchina. Appese le scarpette al chiodo, Stoichkov si dedica alla carriera di allenatore ed inizia subito con un incarico di prestigio: la guida della Nazionale di cui è stato per lungo tempo un simbolo. L’occasione si verifica al termine degli Europei 2004, con la Bulgaria sbattuta subito fuori senza un solo punto all’attivo e con il ct Plamen Markov che rassegna le dimissioni. 

Ma lo Stoichkov che siede sulle panchine non è lo stesso che strabiliava le folle sul manto erboso: l’obiettivo della qualificazione ai Mondiali di Germania viene fallito. E, soprattutto, sorgono nuovi problemi legati al suo carattere scorbutico, tanto che tre giocatori (tra cui il capitano Stylian Petrov) si rifiutano di rispondere alle sue convocazioni. Il 10 aprile 2007 si dimette, mentre la squadra arranca nella corsa agli Europei e si insinuano dubbi sulle sue qualità di allenatore: ricomincia dall'amata Spagna, al Celta Vigo, ma viene esonerato dopo poco tempo.

Fonti:
http://en.wikipedia.org/
http://es.wikipedia.org/

1 commento:

  1. Notizia degli ultimi giorni: Stoichkov ha accettato la proposta dell'Abu Moslem di Teheran (Iran) ed ha siglato un contratto triennale.

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