Photo: Thedailydischarge.com |
Adua, El Alamein, Algeri... i manuali di storia raccontano di battaglie che hanno avuto l'Africa come scenario. Battaglie che hanno fornito spunti di riflessioni per adattamenti cinematografici, che hanno deciso le sorti di governi nazionali - l'esecutivo di Francesco Crispi cadde proprio in seguito alla sconfitta nel territorio etiope, una sorta di disfatta per antonomasia prima che si verificasse Caporetto - o addirittura di conflitti bellici, come nel caso di El Alamein, scontro cruciale della Seconda Guerra Mondiale.
Oggi verrà aggiunto un nuovo capitolo sui libri di storia: la battaglia di Khartoum. La capitale del Sudan è stata designata quale teatro dello spareggio tra Egitto ed Algeria per la qualificazione ai prossimi Mondiali di calcio in Sud Africa.
Giornalismo sportivo e lessico militare, spesso, incrociano le proprie strade: si è soliti udire o leggere di "bombe da tre punti", di "missili terra-aria" che si infilano sotto la traversa, di maldestri attaccanti che "sparano" addosso al portiere avversario, intento a "proteggere il suo fortino".
Si narra, inoltre, che l'usanza del tutto calcistica della fascia indossata dal capitano sia stata mutuata proprio dal mondo militare: pare che l'ispiratore sia stato un generale inglese impegnato sul fronte durante la Prima Guerra Mondiale. E, in un celebre saggio, lo scrittore George Orwell arrivò ad asserire che lo sport altro non è se un'imitazione della guerra.
Nel caso di Egitto-Algeria le due strade si sono, ancora una volta, incontrate...
Photo: Egyptianplayers.com |
Un dispiego di quindicimila agenti, in uno stadio la cui capienza è stata ridotta a trentacinquemila spettatori. Incidenti annunciati per l'acquisto degli ultimi, preziosi biglietti. Centinaia di sostenitori giunti in Sudan senza bagagli, senza denaro, senza un giaciglio ove coricarsi. Tifosi che promettono di darsene di santa ragione.
La vigilia di Egitto-Algeria, spareggio per approdare ai Mondiali di calcio che si giocherà questa sera a Khartoum, assume i connotati di un impietoso bollettino di guerra piuttosto che di una sana e lucida analisi tecnico-tattica delle due squadre. Altro che partita, qui siamo di fronte ad una vera e propria battaglia.
Un finale drammatico, quello che coinvolge i due paesi dell'Africa mediterranea. Sabato 14 novembre: a Il Cairo i padroni di casa si giocano le residue speranze di accesso ai Mondiali in programma all'altra estremità del Continente Nero.
Il destino dei Faraoni passa attraverso l'Algeria, capolista del girone di qualificazione che può addirittura permettersi una sconfitta di misura. Gli egiziani, dal canto loro, dovranno vincere con almeno tre reti di scarto per qualificarsi.
La vigilia è all'insegna dell'alta tensione: il pullman che trasporta i giocatori algerini dall'aeroporto all'hotel diventa bersaglio di duecento tifosi locali, armati di pietre. Nell'agguato rimangono (per fortuna) lievemente feriti Khalid Lemmouchia, giocatore di spicco dei verdi, i compagni di squadra Rafik Saiki e Rafik Halliche e persino il preparatore dei portieri.
Si teme l'incidente diplomatico, nonostante i comuni intenti dei rispettivi governi a cercare la via della cooperazione nei giorni antecedenti la sfida: la nazionale algerina minaccia di non scendere in campo. Il pallone, tuttavia, ancora una volta omnia vincit: la partita andrà regolarmente in scena, seppur con rigide misure di sicurezza.
Le lancette dell'orologio non hanno ancora compiuto due giri e Zaki fa subito venire giù lo stadio nazionale de Il Cairo, riaprendo immediatamente la contesa con un gol di rapina al termine di un'azione convulsa. Ma è il finale a regalare le emozioni maggiori: l'arbitro assegna addirittura cinque minuti di recupero.
Venti secondi al termine. L'egiziano Moawad approfitta di una debole respinta della difesa avversaria per scodellare il pallone nel cuore dell'area. Meteab stacca di testa con ottimo tempismo e indirizza il pallone sul secondo palo, schiacciandolo a terra: il portiere algerino non è in grado di fermarne la corsa in fondo alla rete.
Lo stadio esplode fragorosamente, verrebbe da dire continuando ad attingere dal lessico militare. Il raddoppio, adesso, comporta il ricorso ad uno spareggio per stabilire chi, tra Faraoni e verdi, prenderà la via di Città del Capo: l'Egitto ha infatti agganciato l'Algeria al primo posto, né la differenza reti, né il bilancio degli scontri diretti si rivelano utili per sciogliere i dubbi. L'incontro decisivo verrà disputato a Khartoum, in Sudan, mercoledì 18 novembre.
La vittoria dei Faraoni porta con sé numerosi risvolti drammatici. Che non si limitano agli scontri tra le rispettive tifoserie, cagione di feriti per entrambe le fazioni. Già il giorno successivo, in aeroporto, alcuni tifosi algerini minacciano di morte passeggeri egiziani che devono recarsi in Algeria con lo stesso volo dell'Egypt Air.
Quattro di loro preferiscono annullare il viaggio, altri sedici, invece, decidono di salire comunque sull'aereo, in barba alla rivalità calcistica. Durante il trasferimento ad Algeri saranno minacciati di venir sgozzati.
Centinaia di altri supporter algerini, inoltre, prima di imbarcarsi su voli Alitalia, Air France e Air Tunis, tentano di provocare personale dell'aeroporto e passeggeri, vomitando insulti addosso agli egiziani.
Altri sostenitori, poi, prendono d'assalto una filiale della compagnia telefonica Orascom Diezzy ed anche una sede della Egypt Air, provocando una serie di danni che si aggira attorno ai cinque milioni di euro e portando via circa centomila telefoni cellulari. Gli scontri tra egiziani ed algerini attraversano anche il Mediterraneo: persino a Marsiglia e nella banlieu parigina di Quatre-Chemins, a Saint-Denis, la tensione non fa sconti.
Circondate da questa atmosfera piuttosto pesante, Egitto ed Algeria si avviano allo scontro finale di Khartoum: la Fifa, per motivi di sicurezza, decide di lasciare solo novemila biglietti a ciascuna delle due tifoserie. I restanti quattordicimila tagliandi verranno destinati agli spettatori sudanesi o, in alternativa, ai residenti dei due paesi in Sudan.
"Abbiamo messo a disposizione tutte le nostre forze di sicurezza" assicura Abdel Rahman al-Khidr, il governatore dello stato di Khartoum. La rivalità sul campo di calcio fa da accompagnatrice a quella in ambito diplomatico: le relazioni tra i due paesi non sono buone da almeno cinquant'anni, da quando cioè il presidente egiziano Nasser rinfacciò agli algerini le perdite di molti soldati patite durante la guerra d'indipendenza dalla Francia.
Lo spareggio tra Egitto ed Algeria ricalca molto da vicino un'altra sfida di pallone tanto celebre quanto sanguinosa: l'incontro - o meglio, scontro - tra El Salvador ed Honduras del 1969. Anche in quel caso vi fu un'affermazione per parte ed il necessario ricorso ad uno spareggio per decidere chi tra le due meritasse di andare ai Mondiali in Messico.
La drammatica vittoria dei salvadoregni per 3-2 fu solo il pretesto per l'Honduras per rompere le relazioni diplomatiche: nei giorni successivi lo scontro armato fu inevitabile e circa seimila unità, tra militari e civili, persero la vita. Fu la "prima guerra del football", un episodio che il grande Ryszard Kapuściński ha saputo narrare con la sua inconfondibile maestria in uno dei suoi preziosi scritti.
Il rischio, piuttosto concreto, è che un qualsiasi erede del giornalista polacco debba scriverne un secondo capitolo. Ancora una volta, forse più che mai, spetterà al rettangolo di gioco il verdetto finale.
Sembra sia filato tutto confermi?
RispondiEliminaJacopo82
ps: Quando dedichi un post ad Armin Zoeggler? so che è uno sport non molto praticato ma credo che le gesta di questo atleta meritino considerazione :-)
Ciao Jacopo.
RispondiEliminaSì, pare di sì. E, sottolinerei, fortunatamente.
Guarda, in questo blog vorrei cercare di dare visibilità anche agli sport cosiddetti minori. Di sport invernali ne avrei sicuramente parlato più avanti, in occasione dei Giochi di Vancouver. Un po' di tempo al tempo... ;)
Ti ringrazio per le frequenti visite al mio blog, è sempre un piacere ospitare i commenti di uno sportivo appassionato e competente quale sei te