La mamma (delle battaglie) è sempre la mamma (delle battaglie). Lo sanno bene anche ad Atene, dove oggi va in scena il derby per antonomasia: Panathinaikos-Olympiakos. Come accade spesso ad altre latitudini, non è una partita qualsiasi, né la si può ridurre al mero aspetto calcistico.
Al pari di altre squadre - non solo della capitale - Panathinaikos ed Olympiakos sono infatti due polisportive e, dunque, la loro rivalità trova radici anche nella pallacanestro, nella pallavolo, persino nella pallanuoto, e si intreccia con aspetti sociali e politici. Sono, altresì, le prime due squadre in Grecia per numero di tifosi, le più titolate, quelle che si sono spartite il maggior numero di campionati nazionali, lasciando letteralmente le briciole alle altre contendenti.
Non è un caso, dunque, che i greci chiamino la sfida Ντέρμπι των αιωνίων αντιπάλων ("Derby degli eterni rivali") o, per l'appunto, Μητέρα των μαχών ("Madre delle battaglie"). Quella che andrà in scena oggi allo stadio olimpico di Atene è la partita numero 173 nell'ambito di campionato e coppa nazionale: per il Panathinaikos è una sorta di finale, dal momento che viaggia al primo posto con cinque punti di vantaggio sul Paok Salonicco e sette sugli eterni rivali.
Sono passati sei anni dall'ultimo scudetto ed i verdi cercheranno la vittoria a tutti i costi: non è un caso che tutti i biglietti siano andati esauriti nel breve volgere di pochissime ore. Ma i cugini del Pireo non saranno certo restii ad abdicare dopo cinque anni di titoli nazionali, specialmente se il designato erede al trono è proprio il Panathinaikos.
Cinquantasei scudetti, quaranta coppe nazionali, sette supercoppe nazionali. Vale a dire: le due bacheche più rilucenti di tutta la Grecia calcistica. Da una parte il Panathinaikos, la squadra dell'intellighenzia atenese, del centro della capitale. Dall'altra l'Olympiakos, orgoglio del Pireo, il porto di Atene, e della sua classe operaia.
Volendo affondare le radici nella cultura dell'antica Grecia, una sorta di traslazione in ambito sportivo dell'eterno conflitto tra spirito apollineo e spirito dionisiaco, concetti che stanno alla base del pensiero di Friedrich Nietzsche. A voi la scelta di assegnare le etichette alle due contendenti, a seconda delle vostre simpatie...
Il Panathinaikos viene fondato il 3 febbraio 1908 su iniziativa di Georgios Kalafatis, 18enne studente del quartiere intellettuale di Exarhia, deciso ad abbandonare l'atletica leggera per introdurre il calcio nella capitale greca.
Il nome della nuova società è Podosferikos Sillogos Athinon e adotta il colore rosso per le maglie da gioco: dopo pochi mesi scende in campo per il suo primo, storico incontro ufficiale contro i rivali del Pireo, in una sorta di antipasto dell'attuale rivalità. La partita si conclude con un impietoso 9-0 in favore del PSA. Ma l'idillio dura poco più di un anno: in seguito ad alcuni dissidi interni alla società, Kalafatis decide di fondare una nuova società, chiamata Panellinios Podosferikos Omilos, che ha i suoi campi di gioco nella zona dell'attuale Platia Amerikis e lungo viale Patission, dove oggi sorge l'università di economia.
Tre le date chiave: nel 1912 viene chiamato come allenatore l'inglese John Campbell, studente ad Oxford, primo tecnico straniero nella storia del calcio greco; nel 1919 la società - nel frattempo divenuta una polisportiva - adotta il verde e il bianco come nuovi colori ufficiali e il trifoglio come simbolo, su proposta del giocatore Mihalis Papazoglou.
Le soddisfazioni maggiori per il Panathinaikos arrivano negli anni Sessanta e Settanta: nel 1964, con il croato Stjepan Bobek in panchina, i verdi conquistano il campionato senza subire nemmeno una sconfitta.
Nel 1971, poi, sotto la guida del leggendario Ferenc Puskás gli ateniesi arrivano in finale di Coppa dei Campioni, arrendendosi a Wembley alla nascente Ajax del calcio totale: a dicembre disputano - perdendo - pure di Coppa Intercontinentale contro il Nacional Montevideo al posto degli olandesi, i quali avevano declinato la partecipazione.
Nel 1979, quando in Grecia il calcio ottiene il riconoscimento di sport professionistico, la società viene rilevata dai Vardinogiannis, potente famiglia con interessi nel campo del petrolio e delle telecomunicazioni: Georgios rimane in carica fino al 2000 lasciando poi la carica al nipote Iannis, al timone fino all'estate di due anni fa, reso celebre dalla furiosa conferenza stampa di Alberto Malesani.
Assai più giovane è invece l'Olympiakos, fondato il 10 marzo 1925 nella zona del Pireo, il porto di Atene che già nell'antica Grecia rivestiva un ruolo strategico: a dar vita alla nuova società è l'unione tra il Piraikos Podosfairikos Omilos ed il Piraeus Fans Club, nati solamente da pochi mesi.
Fonte d'ispirazione per i fondatori sono gli antichi Giochi olimpici: la squadra viene chiamata Olympiakos, come simbolo viene scelto il profilo del volto di un atleta con una corona di alloro a cingergli il capo. I colori sociali sono il bianco ed il rosso, ovvero la virtù e la passione.
Tra i primi protagonisti della squadra del Pireo vi sono i cinque fratelli Andrianopoulos che, tutti assieme, compongono la rosa di attaccanti: sono loro a far sognare i tifosi biancorossi, costituiti principalmente dai lavoratori portuali e dalla classe operaia ateniese.
L'Olympiakos ha già una sua casa: è il velodromo di Neo Faliro, costruito in occasione dei primi Giochi olimpici moderni del 1896. Quaranta anni dopo verrà ristrutturato e intitolato a Georgios Karaiskakis, eroe della guerra d'indipendenza contro gli ottomani, colpito a morte proprio nella zona dove sorge attualmente l'impianto di gioco.
La storia dell'Olympiakos è contrassegnata da successi leggendari, come i sei titoli consecutivi dal 1954 al 1959, ma anche da scottanti delusioni. È il caso degli anni Sessanta e, soprattutto, del periodo a cavallo tra anni Ottanta e Novanta: l'Olympiakos viene rilevato da Georgios Koskotas, astro nascente dell'imprenditoria nazionale, protagonista di uno dei più chiacchierati scandali nella storia della Grecia moderna. Il "grande imbroglione" fugge negli Stati Uniti e viene arrestato, lasciando la squadra indebitata fino al collo: dal 1988 al 1996 i biancorossi non riescono a vincere un solo campionato.
Dopo la pioggia, però, arriva sempre l'arcobaleno: a rilevare la presidenza è un altro magnate greco, l'armatore Sokratis Kokkalis, che lancia così il suo personale guanto di sfida al - presunto - rivale in affari Vardinogiannis.
Al Pireo sbarcano autentici fuoriclasse che riportano l'Olympiakos sulla vetta dell'Olimpo del calcio ellenico e, soprattutto, fanno riaprire dopo una lunga attesa le porte della Coppa dei Campioni, nel frattempo trasformatasi in Champions League.
I confronti. Panathinaikos e Olympiakos danno inizio alle loro sfide infinite nella stagione 1930: il primo capitolo viene scritto il 1° giugno, in un Leoforos Alexandras preso d'assalto dai tifosi delle due squadre.
Sul campo i verdi si affermano con un pesante 8-2 (4-0 al termine del primo tempo) e una settimana dopo bissano il successo a Salonicco, il cui stadio viene scelto come campo neutro per motivi di ordine pubblico.
Tuttavia, queste due vittorie sono tra le poche che il Panathinaikos conseguirà: il bilancio degli scontri diretti è, infatti, a favore dell'Olympiakos con 70 vittorie (contro le 44 dei verdi), l'ultima delle quali ottenuta lo scorso 29 novembre, e 57 pareggi.
Non sempre il derby si è giocato nei rispettivi stadi: nel 1981, infatti, l'Olympiakos disputa il match casalingo al "Panachaiki" di Patrasso, poiché poche settimane prima alcuni tifosi avevano perso la vita, soffocati nel tentativo di uscire dalla Θύρα 7 ("Uscita 7").
Nel frattempo anche il Panathinaikos abbandona il suo "Apostolos Nikolaidis" e così, per cinque stagioni consecutive (1984-1989), le due squadre giocano i match interni allo stadio Olimpico.
Successivamente, nei due anni che precedono i Giochi olimpici di Atene, l'Olympiakos trasloca nuovamente, disputando due derby al "Rizoupolis". Il Panathinaikos, dal canto suo, ripiega sul buon vecchio Leoforos Alexandras, nel frattempo ristrutturato e ridotto nella capienza. I derby tra gli "eterni nemici" sono spesso caratterizzati da violenti scontri tra le rispettive tifoserie, delle quali si è persa con il passare del tempo la netta separazione tra borghesia e classe operaia. Due partite, in particolare, meritano di essere menzionate.
Il 24 marzo 2002, a Leoforos Alexandras, il Panathinaikos cerca una disperata rimonta ai danni degli acerrimi rivali e sblocca il risultato con il polacco di origini nigeriane Olisadebe: all'ultimo minuto, però, l'Olympiakos pareggia con l'idolo Đorđević che trasforma un rigore dubbio.
La rabbia dei tifosi avversari per il torto subito è talmente grande da farli traboccare sul campo di gioco, dove si avvicinano all'arbitro Ioakim Efthimiadis, colpendolo violentemente al volto: il giorno successivo un quotidiano titola "Ένα-ενα, τα ζώα" ("Uno-uno, gli animali"). Negli ultimi anni, per cercare di arginare il fenomeno della violenza, la federcalcio greca ha imposto il divieto di accesso per i tifosi del Panathinaikos al "Karaiskakis" e per quelli dell'Olympiakos all'Olimpico.
Infine, il 29 marzo 2007, il derby di pallavolo femminile viene accompagnato dall'uccisione di Mihalis Filopoulos, 22enne tifoso del Panathinaikos, nel corso di incidenti tra le tifoserie. Il tragico evento causa la sospesione per due settimane di tutti gli eventi sportivi in Grecia, sulla falsa riga di quanto accaduto in Italia due mesi prima con l'omicidio di Filippo Raciti in Catania-Palermo.
Per quanto politico sia, anche l'uomo è un animale, sosteneva Aristotele...
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