"Carneade, chi era costui?": sono le parole pronunciate da Don Abbondio all'inizio dell'ottavo capitolo dei "Promessi sposi" mentre, sfogliando le pagine del panegirico in onore di San Carlo Borromeo, si imbatte nel nome di questo (per lui) sconosciuto filosofo della Grecia antica. Grazie ad Alessandro Manzoni, il termine "carneade" viene tuttora utilizzato in riferimento a persone ignote o poco conosciute. Quella che vado a raccontarvi oggi è una storia che narra della rivincita di alcuni carneadi, avvenuta esattamente tre anni fa. Guarda caso, coinvolge un gruppo di greci. Greci, proprio come lo era Carneade...
Saitama, 1 settembre 2006. Nella terra del Sol Levante, all'interno dell'area metropolitana di Tokyo, si giocano le semifinali dei quindicesimi Campionati mondiali di pallacanestro maschile: è la prima volta che alla manifestazione hanno partecipato ventiquattro squadre, suddivise in quattro gironi. Tra le prime quattro al mondo sono arrivate l'Argentina campionessa in carica ai Giochi olimpici, la Grecia fresca di alloro continentale dell'anno prima, la rampante Spagna e gli Stati Uniti, il "Dream Team" che tuttavia non appare più così imbattibile.
La prima semifinale oppone la Grecia agli Usa: gli ellenici hanno passato a pieni voti l'esame del girone eliminatorio - solo Turchia e Lituania hanno creato qualche insidia - per poi battere agevolmente la Cina agli ottavi e la Francia ai quarti. Gli statunitensi, dal canto loro, hanno primeggiato nel loro girone (dove era inserita anche l'Italia, uscita poi agli ottavi per mano della Lituania) e successivamente hanno estromesso dalla corsa all'oro Australia e Germania. Entrambe si presentano a questo appuntamento ancora imbattute. Sulla panchina del quintetto americano siede da un anno, per la terza volta nell'arco della sua carriera, Mike Krzyzewski, il guru di Duke che ha conquistato tre titoli Ncaa ed ha raggiunto per dieci volte la final four Ncaa. "Coach K", come viene chiamato negli Usa, è stato chiamato a risollevare le sorti del basket statunitense dopo il fallimento di Larry Brown, solamente bronzo ai Giochi di Atene.
Sebbene i greci abbiano vinto, appena un anno fa, gli Europei, la bilancia pende dalla parte degli Usa, non fosse altro per il fatto che schiera comunque alcune delle più luminescenti stelle della Nba come Carmelo Anthony, il "prescelto" LeBron James e Dwayne Wade, tra gli unici reduci della spedizione olimpica. E, almeno inizialmente, gli americani non smentiscono i pronostici della vigilia: il quintetto di Coach K arriva a condurre di sei lunghezze a 2'44" dal termine, quando Wade riprende il tiro libero sbagliato da Howard e scarica a canestro per il 18-12. Ed è proprio con questo divario (20-14) che si chiude il primo parziale.
Sebbene i greci abbiano vinto, appena un anno fa, gli Europei, la bilancia pende dalla parte degli Usa, non fosse altro per il fatto che schiera comunque alcune delle più luminescenti stelle della Nba come Carmelo Anthony, il "prescelto" LeBron James e Dwayne Wade, tra gli unici reduci della spedizione olimpica. E, almeno inizialmente, gli americani non smentiscono i pronostici della vigilia: il quintetto di Coach K arriva a condurre di sei lunghezze a 2'44" dal termine, quando Wade riprende il tiro libero sbagliato da Howard e scarica a canestro per il 18-12. Ed è proprio con questo divario (20-14) che si chiude il primo parziale.
Si riprende a giocare e, grazie alla precisione chirurgica dalla lunetta, il greco Vassilis Spanoulis dimezza il gap: è solo un'effimera illusione, perché Anthony segna tre canestri nei primi tre minuti, portando gli Usa in vantaggio di nove punti, ed il vantaggio degli americani lievita ulteriormente grazie alla tripla di Joe Johnson (33-21).
I greci, tuttavia, hanno imparato una lezione importante dai loro antenati spartani: mai arrendersi in battaglia. Gli uomini di Yannakis emulano i celebri soldati di Leonida e rimettono in discussione le sorti dell'incontro, assestando un parziale di 9-0 che li riporta a sole tre lunghezze di ritardo dal Team Usa. A rimettere in carreggiata - a regalare successivamente il vantaggio - gli ellenici sono i canestri della guardia Diamantidis e, soprattutto, le schiacciate del centro Sofoklis Schortsanitis, detto "Baby Shaq" (nella foto a destra): grazie, poi, al lay-up in chiusura di Theodoros Papaloukas, la Grecia si avvia negli spogliatoi avanti di quattro punti (45-41).
La riscossa ellenica non si placa una volta che le squadre ritornano sul parquet. Tutt'altro. Il quintetto di Yannakis mette alle corde gli Usa, arroccati in difesa, e con Fotsis vola sul 50-43, massimo vantaggio greco. A rimpinguare il bottino provvede ancora lui, "Baby Shaq", tanto devastante quanto irruento: dopo pochi minuti rimedia già il terzo fallo grave personale dell'incontro e Yannakis non può far altro che richiamarlo in panchina, evitandogli così di incappare in ulteriori sanzioni.
Sotto la plancia si fa sentire la mancanza di centimetri del centro coloured, ma la Grecia ha comunque altre frecce nel suo arco: l'arco come la linea dei tre punti, distanza che esalta tiratori infallibili come Diamantidis, Spanoulis e Tsartsaris. Le loro bordate, unite alla freschezza atletica di Dimos Dikoudis, portano in dote un clamoroso vantaggio di 71-58 quando il tabellone elettronico concede solo quattro minuti di gioco prima del fischio della sirena. L'opportunismo e la precisione dei greci sono spaventosi: finora tutti i tredici possessi palla sono andati a buon fine. E così, con i campioni d'Europa ormai avviati verso la vittoria, il terzo parziale si chiude con il risultato di 77-65.
Pur scorgendo all'orizzonte lo spettro di un'altra disfatta, gli Usa gettano il cuore oltre il proverbiale ostacolo e tentano di riaprire i giochi con Anthony e Wade, ma i greci controbattono ad ogni iniziativa statunitense e per lungo tempo congelano il divario di otto punti. A 2'41" dalla fine Hinrich spezza la monotonia con una tripla che riporta gli Usa sotto di cinque lunghezze (91-86), ma lo stesso giocatore commette fallo antisportivo ai danni di Schortsanitis. Il ventunenne di Kavala, la città che ha dato i natali allo storico capitano della nazionale di calcio Theodoros Zagorakis, fallisce i due tiri liberi dalla lunetta: per sua fortuna, la palla atterra tra i palmi di Spanoulis che con una bordata da tre punti inizia a far annusare l'odore della vittoria ad un popolo intero.
Nell'ultimo minuto gli Usa si affidano a flebili e disperati tentativi: ancora Hinrich e, successivamente, James provano a tenere a galla il Dream Team, ma i canestri messi a segno da Kakiouzis e Fotsis rassicurano la Grecia. Che, proprio con Mikhalis Kakiouzis, arrivano a varcare la soglia dei cento punti a 15"6 dalla conclusione: sei punti separano le due squadre, gli Usa possono solo affidarsi alla buona sorte e sperare di indovinare un paio di triple in una manciata di secondi. Ma la fretta è consigliera fraudolenta e, conseguentemente, né James né Chris Paul centrano il bersaglio. Finisce - a sorpresa - 101-95 in favore degli ellenici che centrano così lo storico traguardo della finalissima: nelle precedenti edizioni la Grecia non ha mai vinto una medaglia.
Dall'altra parte, gli Usa confermano la loro involuzione di risultati: l'umiliante sesto posto ai Mondiali di Indianapolis di quattro anni prima ed il bronzo di Atene, conditi da una serie di sconfitte (otto), avvallano la tesi del Nightmare Team, "la squadra da incubo".
I greci, tuttavia, hanno imparato una lezione importante dai loro antenati spartani: mai arrendersi in battaglia. Gli uomini di Yannakis emulano i celebri soldati di Leonida e rimettono in discussione le sorti dell'incontro, assestando un parziale di 9-0 che li riporta a sole tre lunghezze di ritardo dal Team Usa. A rimettere in carreggiata - a regalare successivamente il vantaggio - gli ellenici sono i canestri della guardia Diamantidis e, soprattutto, le schiacciate del centro Sofoklis Schortsanitis, detto "Baby Shaq" (nella foto a destra): grazie, poi, al lay-up in chiusura di Theodoros Papaloukas, la Grecia si avvia negli spogliatoi avanti di quattro punti (45-41).
La riscossa ellenica non si placa una volta che le squadre ritornano sul parquet. Tutt'altro. Il quintetto di Yannakis mette alle corde gli Usa, arroccati in difesa, e con Fotsis vola sul 50-43, massimo vantaggio greco. A rimpinguare il bottino provvede ancora lui, "Baby Shaq", tanto devastante quanto irruento: dopo pochi minuti rimedia già il terzo fallo grave personale dell'incontro e Yannakis non può far altro che richiamarlo in panchina, evitandogli così di incappare in ulteriori sanzioni.
Sotto la plancia si fa sentire la mancanza di centimetri del centro coloured, ma la Grecia ha comunque altre frecce nel suo arco: l'arco come la linea dei tre punti, distanza che esalta tiratori infallibili come Diamantidis, Spanoulis e Tsartsaris. Le loro bordate, unite alla freschezza atletica di Dimos Dikoudis, portano in dote un clamoroso vantaggio di 71-58 quando il tabellone elettronico concede solo quattro minuti di gioco prima del fischio della sirena. L'opportunismo e la precisione dei greci sono spaventosi: finora tutti i tredici possessi palla sono andati a buon fine. E così, con i campioni d'Europa ormai avviati verso la vittoria, il terzo parziale si chiude con il risultato di 77-65.
Pur scorgendo all'orizzonte lo spettro di un'altra disfatta, gli Usa gettano il cuore oltre il proverbiale ostacolo e tentano di riaprire i giochi con Anthony e Wade, ma i greci controbattono ad ogni iniziativa statunitense e per lungo tempo congelano il divario di otto punti. A 2'41" dalla fine Hinrich spezza la monotonia con una tripla che riporta gli Usa sotto di cinque lunghezze (91-86), ma lo stesso giocatore commette fallo antisportivo ai danni di Schortsanitis. Il ventunenne di Kavala, la città che ha dato i natali allo storico capitano della nazionale di calcio Theodoros Zagorakis, fallisce i due tiri liberi dalla lunetta: per sua fortuna, la palla atterra tra i palmi di Spanoulis che con una bordata da tre punti inizia a far annusare l'odore della vittoria ad un popolo intero.
Nell'ultimo minuto gli Usa si affidano a flebili e disperati tentativi: ancora Hinrich e, successivamente, James provano a tenere a galla il Dream Team, ma i canestri messi a segno da Kakiouzis e Fotsis rassicurano la Grecia. Che, proprio con Mikhalis Kakiouzis, arrivano a varcare la soglia dei cento punti a 15"6 dalla conclusione: sei punti separano le due squadre, gli Usa possono solo affidarsi alla buona sorte e sperare di indovinare un paio di triple in una manciata di secondi. Ma la fretta è consigliera fraudolenta e, conseguentemente, né James né Chris Paul centrano il bersaglio. Finisce - a sorpresa - 101-95 in favore degli ellenici che centrano così lo storico traguardo della finalissima: nelle precedenti edizioni la Grecia non ha mai vinto una medaglia.
Dall'altra parte, gli Usa confermano la loro involuzione di risultati: l'umiliante sesto posto ai Mondiali di Indianapolis di quattro anni prima ed il bronzo di Atene, conditi da una serie di sconfitte (otto), avvallano la tesi del Nightmare Team, "la squadra da incubo".
Grande imbarazzo suscitano le dichiarazioni a fine partita di Coach K: "Penso che il numero 4 sia stato spettacolare nel primo quarto, che il numero 7 sia stato spettacolare nel secondo e il numero 15 abbia fatto dei tiri fondamentali sulla sirena". Ecco la chiave di volta della disfatta made in Usa: il santone di Duke usa i numeri di maglia per indicare i dirimpettai dei suoi giocatori, non diversamente dal suo predecessore che, ad Atene, osò utilizzare l'espressione "quello piccolino" in luogo di Gianmarco Pozzecco.
Difficile, difficilissimo motivare la propria squadra se a malapena si conoscono i nomi dei diretti avversari (per la cronaca Coach K si riferiva nell'ordine a Papaloukas, Spanoulis e Kakiouzis). L'unica colpa - se così si può definire - degli ellenici è di non giocare in nessuna franchigia della Nba: fuori dei confini nazionali vi sono i soli Papaloukas (Cska Mosca), Fotsis e Papadopoulos (Dinamo Mosca), Zisis (Treviso) e Kakiouzis (Barcellona). "Dobbiamo imparare a conoscere meglio il basket internazionale" è il mea culpa di Krzyzewski. Già.
E chissà: leggendo il referto dell'incontro, il coach statunitense si sarà interrogato sul suo giustiziere. "Yannakis, chi era costui?"
Fonti:
http://archiviostorico.gazzetta.it/
http://en.wikipedia.org/
http://www.fiba.com/
Nessun commento:
Posta un commento